Due anni dopo il fulminante esordio di Camembert Electrique, Daevid Allen si ripresentò con una line-up rivoluzionata e forse più dotata tecnicamente, per dare forma alla Teiera Volante, primo tassello di una trilogia completata nei 2 anni a seguire. Sebbene sia di gran lunga il disco più famoso e celebrato dei Gong, io lo ritengo leggermente inferiore all'esordio, in parte per una maggiore professionalità che andò a scapito delle atmosfere, in parte per le scelte di arrangiamento (troppo sax, passaggi un po' narcisisti ai limiti del jazz-rock). Siamo comunque a livelli ancora molto alti, grazie ai due pilastri della scaletta: la title-track, una cavalcata space-funk che conquista sulla lunga distanza e soprattutto Zero The Hero And The Witch's Spell, che rilancia le geniali invenzioni del precedente con un allucinato e surreale psych-vaudeville pieno di sorprese ad ogni angolo.
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lunedì 3 aprile 2023
Gong – Flying Teapot (Radio Gnome Invisible Part 1) (1973)
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giovedì 1 gennaio 2015
Screams From The List 1 - Gong - Camembert Electrique (1971)
Giunto ormai ad un buon punto nell'ispezione analitica della NWW List, e ringraziando l'amico Vlad per avermi inconsciamente spinto in questo enorme cunicolo in cui mai mi sarei avventurato di mia spontanea iniziativa, mi sento di asserire che alcuni capolavori che non conoscevo valgono ampiamente l'avventura. A parte i capitoli da ascoltare, ho scovato dentro di essa tante perle di sperimentazione da parte di pionieri e/o folli oscurissimi che devono essere approfondite con estrema attenzione. Mi limiterò pertanto a citare quelli che secondo me sono da ascoltare subito o da ascoltare assolutamente.
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Poco considerato rispetto alla trilogia susseguente che ha scolpito il mito freak dei Gong, Camembert Electrique in realtà ebbe il grande pregio di aprire una breccia, ovvero di fondere la psichedelia con le angolazioni più secche del prog e di alternare spassose gag a scenari galattici. Canterbury era già abbondantemente alle spalle, e le scimmie ancora lontane.
Il tutto senza neanche una minima traccia di blues. I presupposti per realizzare un capolavoro fuori dagli schemi c'erano in partenza: la perfetta condizione di Allen, ormai apolide senza speranza e con la stoffa dell'hippy genio pazzoide ormai dotato di una certa esperienza e chitarrista fuori dalle righe, la formazione che vanta una sezione ritmica formidabile ed un arguto fiatista francese.
Le convulse e deliranti You can't kill me, Dynamite, Mister Long Shank mandano in orbita e gloria il disco, con la follia geometrica delle composizioni e gli incastri senza sosta (molto influenti su Zoogs Rift, mi verrebbe da dire). Momenti magici però anche quando il gruppo allenta le briglie per rilassarsi e rivolgere lo sguardo ad orizzonti più distesi ed aperti, con Tropical Fish, I am your fantasy e Fohat digs holes in space.
Un meltin pot da favola; Allen compone e sparge paranormalità in lungo ed in largo, ma la coesione e l'eclettismo del gruppo fu fondamentale per la riuscita finale.
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