Un vero peccato che non ci siano stati riscontri per un'artista così peculiare e fuori dai canoni, non tanto per questioni di immagine quanto per espressività. Così è praticamente scomparsa dai radar la ragazza nascosta dietro le maschere ed il monicker Cazzurillo, che nel 2016 aveva realizzato uno splendido album, Greetings from Grinchland, che sembrava poter essere finalmente il coronamento di un percorso iniziato quasi 10 anni prima con l'introvabile Maialkoki. Nel mezzo c'era stato Ghosts are surfing now!, questo pezzo di 18 minuti non troppo rappresentativo dello stile generale della one girl mess, ma abbastanza programmatico se preso a sè stante. Si tratta di una macro-jam di psych-noise-pop malsano e beffardo, come un fermo immagine di una litania di Lydia Lunch presa, messa in loop e gettata in una palude di acido solforico, con corredo di rumori ed effetti di ogni tipo. Straniante ed ipnotico, ma al tempo stesso accattivante. Tornerà prima o poi?
sabato 2 aprile 2022
Cazzurillo – Ghosts are surfing now! EP (2013)
giovedì 31 marzo 2022
Vocokesh – Paradise Revisited (1998)
Il più grande limite di opere come questa (e probabilmente di tutta la trentina di dischi pubblicati da Franecki alla testa di Vocokesh) è che sono quasi incommentabili, che il giudizio dipende dall'umore del momento in cui li si ascoltano, e soprattutto in base a quanta fretta si ha di consumarli. In questo senso, non c'è moltissima differenza fra Paradise Revisited ed il precedente Smile And Point At The Mountain di 3 anni prima; si tratta di eccellenti manufatti artigianali di freakeria strumentale che distillano i 30 anni precedenti di tutta la storia della psichedelia, declinata in pressochè ogni forma possibile, con i santini di Ummagumma, In search of space, Phallus Dei e Schwingungen in bella vista. Musica derivativa ed improvvisata, ma fatta al meglio delle proprie possibilità. Seppur a rate (la lunghezza è importante), negli ultimi giorni mi sono preso il tempo di rivisitare questo paradiso e l'ho apprezzato a tutto tondo.
martedì 4 gennaio 2022
Lubricated Goat – Psychedelicatessen (1990)
In uno dei primissimi Rockerilla che comprai, nel 1993, c'era un servizio su questo gruppo australiano (Sidney) dal nome improbabille, descritto come temibile, rumoroso e composto di personaggi ben poco raccomandabili. Parole che a quasi 30 anni di distanza suonano ben poco intimidatorie, ma che all'epoca rientravano perfettamente nell'estetica di quel giornale, che usava (ed abusava di) descrizioni alquanto variopinte pur di scatenare sensazioni di curiosità. E' vero comunque che la storia di Stu Spasm, leader ed unico membro fisso dei LG, non fu esente da inconvenienti. Nel 1990, durante il loro primo tour europeo, con concrete possibilità di infilarsi nel carrozzone alternativo di riscontro popolare underground, venne accoltellato a Berlino e necessitò di qualche anno per riprendersi.
Psychedelicatessen è un buon compendio di garage-alternative-noise venato di psichedelia, dotato della cattiveria giusta per adescare il pubblico di Cows, Cop Shoot Cop e compagnia malevola. Predica il verbo originario dei migliori Stooges, pizzico di perversione inclusa, con delle prospettive noise-rock che, come detto, li avrebbe potuti far riscontrare negli Stati Uniti se fossero approdati ad esempio alla Amphetamine Reptile o alla Touch & Go. Eccellente la registrazione.
sabato 2 novembre 2019
Fushitsusha – The Wisdom Prepared (1998)
giovedì 17 marzo 2016
Azonic – Halo (1994)
mercoledì 26 agosto 2015
Supervixens - Nature and Culture (2014)
domenica 22 dicembre 2013
Starving Weirdos - Father Guru (2007)
sabato 9 novembre 2013
Shit And Shine - Cherry (2008)
sabato 27 luglio 2013
Pelt - Brown Cyclopaedia (1995)
lunedì 22 ottobre 2012
Gog - Mist From The Random More (2009)
giovedì 19 luglio 2012
Dead C - Harsh 70's Reality (1992)
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lunedì 28 novembre 2011
Aural Fit - Mubomuso (2010)
L'evidente scollamento sonoro è il punto di forza, per un sound che necessita di caotica continuità: il chitarrista è evidentemente in un mondo tutto suo, fatto di distorsioni maniacali fuori da ogni binario. La sezione ritmica va per conto proprio ed ha la stessa forza di cento martelli pneumatici, con un batterista in perenne stato di nevrosi avanzata in simbiosi con un bassista ultra-legnoso quanto svisante. In due parole, free-jazz + allucinazioni.
Il bello degli AF è che non fanno nè new-noise nè revival. La combinazione di suono è quanto di più sporco si possa immaginare, ma è anche un viatico a scopi altamente lisergici. Nonostante si finisca per saturare le casse e fare un baccano infernale, non scorgo propositi di violenza in Mubomuso nè tantomeno attacchi gratuiti al sistema. E' una implosione, un emorragia latente che non conosce praticamente soste.
Non c'è monotonia, nella selva infuocata. Basta sintonizzarsi, e poi ci sono alcune grida isolate che somatizzano il dibattersi del dinosauro in gabbia che è Aural Fit.
giovedì 29 settembre 2011
Yoga - Megafauna (2009)
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E' un suono malato, sporco e lo-fi che lascia circospetti ma non disdegna qualche apertura, come quando ci si concede qualche remota convenzione sonora. E' il caso di Encante, serrata per organo acidulo, fraseggio epico di chitarre e fischi space. Fourth eye apre con un motivo analogico in stile corrieri cosmici e si sviluppa con riff enfatico e ritmica tornitruante. Ancora più catastrofico lo space-metal alla moviola di Treeman, curiosa la divagazione in stile mediorientale di Warrior.Insomma, un disco popolato da animali amorfi ed enormi. Per stomaci forti.
martedì 7 giugno 2011
Shit and Shine - Jealous of Shit and Shine (2006)
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Anzichè rientrare nella schiera di terroristi noisers del decennio zero come Wolf Eyes, i SAS hanno intrapreso una loro saga incentrata sugli strumenti tradizionali, con un ricorso non eccessivo all'elettronica, grosse enfasi sul ritmo e ripetitività che definire ossessive è dire niente (vedi il secondo disco, Ladybird, una furia interminabile senza variazioni). Jealous invece è stato il vero salto di qualità in avanti, proponendo quello che poteva rischiare di diventare una pantomima ed invece si è dimostrato un progetto di estremo interesse.
Lo spirito avanguardistico dei Chrome di Half machine lip moves si agita in più meandri, al punto che se Helios Creed fosse nato negli anni '80 credo che ora suonerebbe proprio così. Gli sfracelli irregolari di When extreme dogs go wrong, l'industrial-punk di No darling, it's a pentragram, lo scanzonato carambolare di Unchained ladies shopper, il collage cupo e rimbombante di There are 2 bakers now, lo scherzetto saturante di Kitten mask, il funk robotico di Hot Vodka, sono quasi sempre condotti da una chitarra acidula ed impertinente che a tratti ricorda il grande terrorista ante-litteram della new-wave. Inoltre, nonostante l'atmosfera sia quasi sempre oppressiva ed incuta sensi di terrore, non si può non notare l'ironia di fondo che affiora spessissimo, anche nell'uso delle voci trovate o come nell'emblematica chiusura, quella Seeing life through a young man's eyes che potrebbe anche essere una sigla per cyber-cartoni animati.
Il punto focale del disco però resta l'episodio principe dello Shit&Shine-style, cioè il mastodonte minimale, Practicing to be a doctor. Questa volta dura soltanto 30 minuti ma a mio avviso è molto più riuscito di Ladybird, in virtù di un percorso che riesce a scavare meglio nell'inconscio dell'ascoltatore. Il riff è ispido e metallosissimo, ma si provi ad inserirlo in un contesto pulito e risulterà quasi pop! Con i molteplici drum-kits che fanno la loro catena di montaggio a sincrono, l'elettronica diventa lo strumento di assolo, fra trapanate in stile dentistico e sveglie belle trillanti. La voce declama il titolo del pezzo con un demenziale, afono baritono ed il piatto forte è servito. Alla metà precisa le chitarre fanno un break di un paio di battute e poi riprendono la grattugia urticante. L'effetto è allucinatorio ma Doctor non mi riesce a stancare neanche dopo diversi ascolti, tanto è riuscito nel suo intento (se mai ce ne fossero stati...).
Lo stop è improvviso, netto, fatale.