Premetto che questo è l'unico disco che ho sentito di Reilly. Il motivo per cui decido di non proseguire ai successivi è perchè nel 90/95% dei casi gli artisti che uscirono dal post-punk fecero i loro migliori dischi entro e non oltre il 1982. Non facendomi morire questo, pertanto, penso di potermi fermare qui.
E dire che aveva (ha, sembra incredibile ma fa ancora dischi) una bella peculiarità, Reilly. Uscire in epoca post-punk inglese con velleità da virtuoso della chitarra pur cercando di restare abbastanza umile (almeno, è l'intenzione che colgo io a sentimento) gli è bastato per diventare un piccolo culto underground. The return è un assemblaggio variopinto di 15 strumentali tutti abbastanza eclettici, di cui un paio sono ottimi e si fanno ricordare (Conduct e Experiment in fifth), ma mi lascia insoddisfatto.
Mi sfugge l'obiettivo primario: questa è musica che fa rilassare, che evoca l'autunno o che serve a compiacere l'abilità di Reilly?
per una volta non concordo..grande gruppo,estremamente originale..ho sempre amato la loro musica..li vidi al vidia nell'85..
RispondiEliminaCiao carissimo. Ma tu li hai vissuti in diretta, magari anche a me sarebbero piaciuti all'epoca. Però al confronto dei giganti della wave lui mi sembra così piccolo...
RispondiEliminacapisco..in realtà secondo me era molto originale,e si ritagliò un posto ben preciso ..
RispondiEliminaciao amico carissimo
Originale senza alcun dubbio...ma un po' troppo vanitoso, secondo me. Ciao!
RispondiEliminaPreferisco "LC" e "Another Setting" a questo disco di esordio, per me un po' sfocato, e val la pena di ascoltare anche "Without Mercy", che non ha nulla a che fare con i primi tre dischi.
RispondiEliminaMa certo non è un obbligo ;)