domenica 31 maggio 2015

Captain Beefheart & The Magic Band ‎– Amsterdam '80 (2006)

Con la sua qualità audio perfetta, Amsterdam '80 è di fatto il condono discografico di un bootleg che, circolava già da anni (giustamente) con un titolo quantomai banale fra le banchette abusive. Venne registrato al Paradiso nella capitale olandese da parte di una stazione radio e così dopo un quarto di secolo anche questa formidabile Magic Band poteva avere giustizia con l'omaggio di un concerto intero.
Formazione che faceva faville non meno di altre precedenti, con la doppia chitarra di Snyder e Morris Tepper, il basso di Drew Feldman e la batteria di Williams. La scaletta comprendeva un excursus completo della carriera del Capitano, da Safe as milk al contemporaneo Doc, escludendo i due dischi della fase inglese a metà decennio precedente.
Terminate le info tecniche del caso, nient'altro da dire in merito all'essenza. La riflessione regina del giorno è: ma questa materia troverà mai una collocazione temporale?

giovedì 28 maggio 2015

Jodis - Black Curtain (2012)

Quasi nulla da aggiungere alla meraviglia manifestata in occasione del loro primo. La luce è così abbagliante che non si può fissare. Black Curtain riduce le fasi distorte, sottrae quasi del tutto le parti di batteria, Martin sovrappone le sue voci in un contesto sempre più onirico e splendente.
E' uno di quei dischi che funzionano magnificamente ancor di più se ascoltati in cuffia, magari durante un viaggio in freccia bianca: il paesaggio scorre velocissimo, la musica blocca il tempo e riempie l'orizzonte con tutte le sue sfumature. E i silenzi non lasciano entrare neanche il suono incessante dei vagoni sui binari.
Ultimo numero in catalogo della Hydrahead. Non so se è stato anche l'ultimo numero di Plotkin, Martin e Wyskida. Di sicuro sarà/sarebbe difficile fare meglio di così. Non se li è filati nessuno, com'era prevedibile; troppo atipici da qualsiasi altra cosa. Sulle recensioni lette in giro preferisco sorvolare. Mi sento soltanto di dire che i Jodis hanno applicato con estremo successo la stessa lezione che impartirono i Talk Talk alla musica pop/rock, traslandola sulle loro origini metalliche.
Quella della sottrazione. Sbam.

lunedì 25 maggio 2015

Moggi - Tensione (1979)

Fra i tanti pseudonimi di Piero Umiliani nella realizzazione di musiche di servizio, Moggi è senz'altro il più inquietante, ma lo possiamo dire al giorno d'oggi visto il losco figuro che viene in mente a fare questo nome. Nel periodo in cui fu attivo, fra il 76 e l'81, probabilmente non diceva niente a nessuno. Poteva anche essere un nome pescato a caso dall'elenco telefonico, così come Zalla o Catamo o Tusco.
Soltanto un titolo dei 5 emessi da Moggi è stato ristampato di recente. Tensione no, ma l'avrebbe meritato anch'esso nonostante venga snobbato a scapito di lavori più accessibili come Omaggio ad Einstein e Tra scienza e fantascienza. Sono 20 temi molto brevi, quasi tutti sotto i 2 minuti. Segnali Da Marte, Tremolo ossessivo, Notte d'orrore, Archi informali, Pedale lancinante. Sembra un'autorecensione.
Quant'era illuminato questo maestro.

venerdì 22 maggio 2015

A Place To Bury Strangers - Exploding Head (2009)

Sembra il classico gruppo costruito in laboratorio, dalla line-up uniforme, in cui la parte del leader la fa non un vero e proprio artista, bensì un tecnico/commerciante dei pedali per chitarristi.
E' proprio per questo motivo che a pelle gli APTBS non mi stanno proprio simpatici, sembrano dei raccomandati che trovano visibilità sotterranea senza avere grossi meriti in tema di innovazione. E c'hanno pure i videoclip ufficiali.
Concetto che si rafforza all'ascolto di Exploding head, perchè il disco è così coinvolgente che finisco per chiedermi: mi hanno fregato un altra volta, dopo il primo degli Interpol. E poi mi chiedo hanno costruito un generatore che può assimilare i classici e risputarli in un altra forma.
La forza della new-wave non ha limiti, e beffarda si ripropone per la milionesima volta dopo 15,20,30 anni. E stavolta si è imbastardita con i Sonic Youth, con i Loop, con lo shoegaze più energico. Exploding head è irresistibile, una scarica adrenalinica continua, una carrellata di luoghi comuni assemblata così bene che anche al 3° ascolto continuativo lascia l'interrogativo come hanno fatto? e poi l'amaro in bocca. Possibile che non si riesca a creare qualcosa di nuovo in campo rocchettaro?

martedì 19 maggio 2015

High Tide - Sea shanties (1969) (Reissue 2006)

Oltre al danno della sfortuna di non essere notati da nessuno, la beffa della bassa fedeltà. Sea shanties infatti venne registrato/prodotto con mezzi tutt'altro che eccelsi, col risultato finale di un suono impastato e con troppo riverbero; il basso di Pavli si sente pochissimo, la voce di Hill (non certo un mostro, ma dotato di un timbro bellissimo) è sacrificata, i limitati toni alti non rendono giustizia nè alla sua chitarra nè al violino dello stregone House.
Considerando quanto grande sia questo disco, una doppia ingiustizia. La ristampa datata 2006 della vintagistica Eclectic non poteva compiere un miracolo, ma ha il grande merito di aggiungere una manciata di pepite preziosissime: due alternate takes e ben tre inediti, e si oda perbene, registrati più che dignitosamente!
Così possiamo ritrovare le eccezionali Pushed but not forgotten e Death warmed up lanciate a velocità superiore e con rinnovate emozioni nei dettagli. La qualità degli inediti è altissima; la suite cerebrale The great universal protection racket e l'articolata Time gauges sono strumentali in linea col periodo e non avrebbero certo sfigurato in Sea shanties. E' però Dilemma a far saltare sulla sedia, un bignami di 5 minuti dell'arte sublime degli High Tide: acrobazie strumentali pirotecniche alternate alle splendide melodie di Hill.

sabato 16 maggio 2015

Carl Stone - Mom's (1992)

Oltre alle mie solite, un'altra buona fonte di apprendimento mi è giunta dalle radiozine di Blow Up, che anche se concentrate in un lasso di tempo limitato hanno offerto ascolti variegati e molto interessanti. Fra cui questo compositore californiano diviso fra elettronica, concretismi, collagismi, field recordings, e molto attivo anche in Giappone.
Mom's mette in mostra un'arte di collage minimalistico che raggiunge risultati superbi. Sono 5 lunghe tracce, ciascuna depositaria di uno stile diverso: voci sintetizzate su bordoni di organo (Banteay Sray, magnifica), montaggi vertiginosi di musica latino-americana e jazz (Mom's), library sovrapposta e stratificata (Gadberry), installazioni di estasiati vocalizzi femminili (Shing Kee, magnifica), una suite ambient-industriale (Chao nue, validissima, ai livelli dei maestri).
Un'autore da scoprire, precursore sicuro (se non di più, vista l'anagrafica) come Tom Recchion.

mercoledì 13 maggio 2015

Gravitar ‎– Edifier (2001)

Ultimo disco ufficiale ad essere rilasciato della loro carriera, contiene registrazioni risalenti al 1997, ovvero allo stesso periodo di uscita del loro capolavoro
Dato che gli altri due cd usciti nel '99 e nel '01 annoveravano materiale del '96 e del '97, è lapalissiano pensare che in quella breve ed umanamente irripetibile stagione i Gravitar diedero il massimo sfogo alla loro furia art-noise e poi lasciarono il campo di battaglia, stremati. Probabile anche pensare che furono tutte sessions scartate nell'immediato, ma questo è soggettivo. Il sangue sul battipenna della chitarra in copertina non lascia ombra di dubbio; questi qua davano sempre tutto.
Edifier è più il frutto di jams colossali e poco studiate. Fu più un flusso di violenza brada alternata a stati allucinatori. Due le eccezioni alla regola: la cover di Skip Spence Diana ed Eskimo Angel, che iniziano suonate in punta di dita, educate, per poi subire l'inevitabile trattamento Gravitariano, ovvero l'assalto psycho-sonico a massima saturazione dell'impianto. 
Sempre grandi.

domenica 10 maggio 2015

Screams from the list 6 - Grobschnitt - Grobschnitt (1972)

Anche se non è annoverato nella casta dei dischi da ascoltare, traggo un buon godimento dal primo disco dei Grobschnitt, esempio di prog sanguigno influenzato da Colosseum e Atomic Rooster, almeno in questo frangente. Basta l'attacco stentoreo di Symphony a far drizzare le orecchie; la suite, drammatica ed articolata, si estende per 13 minuti ed è il manifesto espressivo di un gruppo che contava su una coppia di chitarre, esempio abbastanza raro per quegli anni. Uno dei due era anche il cantante, che non sfigurava per nulla in una emulazione (non so quanto volontaria) di Chris Farlowe.
L'altro pezzo lungo del disco, Sun Trip, è di livello appena inferiore ma dispensa persino qualche fraseggio acido modello west-coast. Nella ristampa in cd fa capolino anche una versione live di mezz'ora di Symphony, che però non mi entusiasma: l'assolo di batteria è troppo lungo e i cori vengono parodiati (non so quanto volontariamente!) in stile Oktoberfest. Cose da poco, in ogni caso.

giovedì 7 maggio 2015

Oceansize ‎– Self Preserved While The Bodies Float Up (2010)

Snobbati, contestati, a volte persino derisi, gli inglesi Oceansize sono stati uno di quei gruppi che divide nettamente i pareri. Potrebbero esser (stati) il corrispondente britannico dei Mars Volta per smania di eclettismo, col loro agitarsi fra tanti stili diversi ed una perizia tecnica ben superiore alla media.
Dividevano anche gli ascoltatori comuni, fra chi considerava il primo un disco stupefacente e poi li trovava in un declino fino a quest'ultimo che ha preceduto lo scioglimento. Chi si ricorda gli scozzesi Aereogramme avrà trovato più di un punto in comune, grazie alle altalene emotive e agli sbalzi chitarristici da montagne russe.
Forse gli Oceansize si sono affacciati un po' tardi sulla scena, la loro musica avrebbe riscosso più consensi se fossero entrati soltanto un lustro prima. Ciò non toglie che Self preserved celava un sacco di spunti melodici e soluzioni strumentali interessanti, a tenere ben lontana la noia. Avrebbero meritato di più.

lunedì 4 maggio 2015

Yellow Swans ‎– Going Places (2010)

Il canto del cigno dei cigni gialli. A fine corsa Swanson e Saloman avevano attutito non poco la loro attidudine rumorista in favore di un approccio più ragionato, con il primo già proiettato in un percorso solista dal notevole potenziale.
Lungi dall'essere accomodante, certo. Le stratificazioni abrasivissime della chitarra dilagano ovunque, ma un inattesa vena ambientale si stava facendo largo. I bordoni elettronici, ormai dediti ad una modulazione musicale per quanto minimale e limitata, tendevano ad espandersi in un echeggiare solenne, a volte persino imponente.
Ne sfocia una specie di kolossal cosmico-rumorista (la Germania dei '70 credo continuerà ad influenzare le musiche moderne ancora per parecchio tempo, riflessione inevitabile) che chiude la carriera dei Cigni in un bilancio più che soddisfacente. Sono stati intelligenti a fermarsi nel momento giusto.

venerdì 1 maggio 2015

Alameda 3 - Pozne Krolestwo (2013)

Di nuovo il polacco Ziolek, questa volta nell'ambito di un power trio. Contrassegnato dalla stessa smisurata ambizione di impressionismo, pur muovendosi in territori ben conosciuti, che ha caratterizzato il suo disco solista, Pozne kroletwsko è un altro centro pieno. I due compagni della sezione ritmica, bravi ed all'altezza della situazione, appaiono poco più che gregari dell'ego eclettico / massimalista del chitarrista/cantante.
Il punto focale sono i 3 pezzi da 12-13 minuti posti alle estremità ed al centro del disco, emblemi di questo psych-gaze-space-rock che passa dall'estasi alla furia in un secondo, in un gioco di saliscendi e piroette emotive che lasciano spesso piacevolmente disorientati. Ma è chiaro che Ziolek, immerso nel suo furore citazionista, non si lascia mancare più o meno nulla della storia. Indiavolate spirali hawkwindiane, sfuriate acide alla Chrome, poderosi indie-rock all'americana, esplosioni black-metal, contemplazioni agro-acustiche. La title-track si pone come tributo aggiornato ai grandissimi Amon Duul II di Yeti.
Ziolek, sei nel mirino.