Lo stato artistico di Tibet tocca un vertice convincente l'anno scorso con I am the last.... Al di là dei suoi meriti effettivi, viene premiata la sua capacità di assemblare il personale adatto ad ogni situazione; in questa sede è una decina di strumentisti sparsi a collaborare. Spiccano i nomi di Nick Cave e Antony a cantare un pezzo cadauno, ma sono soltanto cammei poco influenti sul risultato finale. Stupisce il ripescaggio del vecchio chitarrista Tony McPhee, John Zorn interviene con gran gusto in un paio di episodi. Il vero protagonista è il pianista olandese Van Houdt, dallo stile asciutto ed altamente espressivo, sempre presente e pertanto presumo autore delle musiche, che sono bellissime.
I am the last è uno dei dischi più musicalmente compiuti e messi a fuoco della Corrente, dotato di una sensibilità ed un lirismo forse mai toccati in passato (Why did the fox bark, Those flowers grew) ma non privo di quelle tensioni sottopelle tipiche di Tibet, per un risultato finale elegante e barocco. Splendido.
Giudicato inutile da più voci a causa della sua natura laterale e della prolificità incontrollabile di Tibet, Haunted Waves, Moving Graves invece è un esperimento minimalistico-strumentale del 2010, diviso in due suite lunghissime, di oltre mezz'ora. Accomunate da un ciclico ed imponente suono di onde digitalizzato, si distinguono per una seriosa drammaticità la prima (il violoncello struggente ed addolorato di Contreras) e per una sognante atmosfera la seconda (il motivo pianistico di Baby Dee). E' quest'ultima ad avermi rapito senza speranza: si chiama The sound of the storm was spears ed è uno splendore assoluto.
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