giovedì 30 luglio 2015

Mark Isham - Tibet (1989)

Trombettista newyorkese di estrazione jazz che a partire dagli anni '70 diventò musicista di tour e studio richiesto da mezzo mondo. Io l'ho conosciuto per le frasi semplici ed incantevoli con cui impreziosiva alcune fra le pagine più memorabili di David Sylvian.
Parallelamente a queste attività, Isham ha sviluppato una carriera solista (anche come autore di colonne sonore) fra fusion sofisticata, world music e ambient/new age. 
Tibet è una suite strumentale in 5 movimenti in cui tutti i suoi stili vengono assortiti con un senso del gusto ammirevole. Non c'è un momento di autoindulgenza. La tromba del leader è soltanto un discreto elemento dell'ensemble di virtuosi assemblati per l'occasione (un nome, David Torn alla chitarra di chiara estrazione frippiana). Poi, ovvio che questa musica non potrà evocare proprio a tutti la natura tibetana; semmai la contemplazione del paesaggio da un comodo studio al riparo dal gelo, con vista panoramica. In ogni caso, chi odia questi suoni elaborati ed iper-prodotti stia alla larga.

lunedì 27 luglio 2015

Egg - Egg (1970)

Anche se non erano di Canterbury, gli Egg vengono considerati facenti parte della scena della magica cittadina che tante cose belle ci ha regalato nella stagione dorata. Durarono pochi anni e due dischi. Erano un trio organo/basso/batteria in cui il primo (Stewart) era in chiara evidenza; non era un iper-tecnico alla Emerson nè un complicato alla Ratledge, e privilegiava frasi stentoree e melodie, nonostante l'ambizione della Symphony n. 2 in 4 movimenti per 20 minuti totali.
Nulla sarebbe stato senza una robusta sezione ritmica in cui basso (Campbell, anche alla voce) e batteria (Brooks) saltellavano agili e slanciati, per un risultato finale che si avvicinava più ai Colosseum che ai Caravan. Non dei fenomeni (la sinfonia in certi momenti è un po' stanca), ma almeno 2 pezzi starebbero bene in un antologico canterburiano.

venerdì 24 luglio 2015

Billy Bao - Dialectics Of Shit (2008)

Il basco Mattin è un performer a tutto tondo che basa il suo operato sulla provocazione fine a sè stessa, con risultati rilevanti anche in campo teatrale. Musicalmente invece impersona un pazzo furioso che semina decine e decine di lavori sotto diverse sigle, e com'è ovvio impossibile da seguire; le condivisioni sono fra le più disparate, cito soltanto Drunkdriver, Rocchetti, Malfatti, ma anche svariati performer giapponesi dediti alla onkyo-music moderna con tanto di assurde performances (esempio a caso il disco in cui ci sono due tizi che piangono per un ora).
Billy Bao è il suo gruppo noise-punk, quindi il progetto più musicale del mazzo, potrei dire accessibile, ma è un lampante ossimoro. Dialectics of shit è mezz'ora di pura alienazione e di violenza subdola, che in gran parte sembra un incrocio fra i Flipper e i Throbbing Gristle. I pezzi durano tutti 3 minuti esatti, di conseguenza brutalmente tagliati in un delirio sconclusionato per chitarre grattugiate ed accordate di gran lunga sotto il tradizionale, per voce rabbiosa e ritmi cavernicoli. Roba ben poco digeribile, ma la provocazione funziona.

martedì 21 luglio 2015

Stranger - Watching Dead Empires in Decay (2013)

Il tocco inconfondibile e poliedrico di Leyland Kirby nel suo monicker meno prolifico in assoluto; due soli titoli in 7 anni. Col primo Bleaklow sembrava continuare sulla scia più istrionica e disturbante di V/Vm, con Watching invece ha stabilito un'inedito scenario di elettronica scura e greve ma al contempo ricca di squarci diversificati. Come un raggio di sole che filtra da uno spiraglio fra le nuvole nere in un cielo minaccioso.
Pochissimo romanticismo, zero citazionismi. C'è un po' di tutto: stasi ambient, graffi industriali, concretismi assortiti, ipnagogia di fondo con richiami alla gloriosa trance degli anni '90. 
The Stranger è davvero un progetto a sè stante, piaccia o non piaccia.

sabato 18 luglio 2015

Dead Kennedys - Frankenchrist (1985)



Bistrattato e sottostimato da pressochè chiunque, il terzo album dei Dead Kennedys rappresentò una svolta coraggiosa e naturale. Era chiaro che ciò che avevano raggiunto con i primi due era difficilmente superabile, così ebbero la spinta necessaria a cambiare. Oggi che sono passati 30 anni, credo una rivalutazione sia doverosa.
Innanzitutto godettte di una produzione perfetta per i propri scenari inediti, al contrario di Fresh fruit che pur essendo fulminante aveva un suono piuttosto piatto e compresso. Poi va rimarcato il grande lavoro chitarristico di East Bay Ray, che aprì il riverbero del proprio ampli con grandi risultati. Ne sfociava spesso un surf-core a tratti quasi psichedelico, quasi una bestemmia per gli hardcore-kids. Ma le ritmiche erano ancora travolgenti e la scaletta non sbagliava un colpo.

mercoledì 15 luglio 2015

Arbouretum ‎– Vapor Trails (2007)

Per chi conosce gli Arbouretum dal 2011, ovvero da quando guadagnarono la cover di Blow Up col bel The gathering, questo cd-r autoprodotto e distribuito solo ai concerti può sembrare davvero il prodotto di un altra band, per quant'è diverso dal resto del catalogo.
Si tratta di una traccia unica di 45 minuti, del tutto strumentale, o come l'hanno definita loro stessi un flusso di improvvisazioni continuative, in cui emerge un lato psichedelico pressochè inedito per il loro stile. Il loro ruspante dna a stelle e striscie campagnole è sempre in bella mostra nelle fasi più canoniche, senza disdegnare qualche distorsione più affine agli amici Pontiak; attraggono di più le stasi liquide che si intercalano lungo il tragitto (soprattutto quella degli ultimi minuti) e disegnano un sentiero che Heumann non ha mai imboccato.

domenica 12 luglio 2015

O Yuki Conjugate ‎– Sunchemical (1995)

Fondati ad inizio anni '80 sulla scia della post-wave più avventurosa, gli inglesi OYC hanno rilasciato pubblicazioni abbastanza sporadiche e a tutt'oggi non si hanno notizie dal 2010 in cui pubblicarono l'ultimo disco, peraltro una raccolta di inediti risalenti ai primi tempi di vita.
Nel momento più affollato, a metà '90, si erano assestati in uno stile abbastanza definito ma anche personale, fatto di elettronica trance allora in voga, dub spettrale, percussioni etniche e relax ambientali. Sunchemical è perfettamente rappresentativo della tavolozza, contiene 6 remix e ciascuno ha il titolo di un elemento della tavola periodica
Riservato agli amanti di queste sonorità, oggi ancor così affascinanti checchè se ne dica.

giovedì 9 luglio 2015

Screams from the list 8 - Airway - Live At Lace (1978)

Violentatori di ogni versione più brada possibile del free-jazz, reali progenitori del free-noise anni 2000, del nippo-noise anni 90 e di alcune fra le tendenze più estreme dei 30 anni a venire, gli Airway furono un progetto estemporaneo messo in scena da alcuni musicisti della scena arty di Los Angeles altrimenti definita LAMFS, che suonò soltanto dal vivo per poche date nel 1978.
L'idea del fondatore, Joe Potts, era di schierare una formazione che elevasse il muro di suono più feroce possibile in cui piazzare messaggi subliminali per manipolare il pubblico. Stando alla leggenda, i presenti terrorizzati tendevano a scendere ai piani sottostanti pur di non subire il trattamento (la qualità non è eccelsa ma si intuisce che il volume doveva essere alto all'inverosimile), ma in altre circostanze venivano attirati verso il palco o in altre direzioni della sala.
Che sia stato uno scherzo o no, questa mezz'ora scarsa di puro terrore fa ancora un po' paura. Come ha dichiarato Tom Recchion, schierato alla batteria, non c'era nessun accordo fra i musicisti nè direttive impartite se non quella di suonare più forte e rumoroso possibile. Dei messaggi subliminali, invece, nessuna traccia, se non quella di lasciar scorrere l'ascolto per una catarsi terrificante ideale dopo una giornata di lavoro un po' stressante.

lunedì 6 luglio 2015

Mermen - Sunken Treasure (1996) + The Amazing California Health Happiness Road Show (2000)

Il magnifico power-surf-trio in due situazioni che sono agli estremi del loro catalogo. Sunken treasure è uno dei numerosi live pubblicati, in cui trovano la dimensione ideale per sprigionare la loro energia torrenziale. Il concerto è ribollente, un mix della maestria chirurgica delle loro precisissime partiture con la foga che rende ancor più umana la situazione, oltre ad una spiccata propensione all'ironia (le battute e le risate che spesso si odono fra un pezzo e l'altro).
The amazing California..., disco di studio della maturità, vede una voglia di svoltare con decisione. Tutto più studiato ed arrangiato (le tastiere fitte a mo' di tappeto), al primo approccio non esalta perchè sembra che i Sirenetti abbiano rinunciato all'entusiasmo contagioso degli inizi in favore di una complessità (e seriosità) che non sembra essere proprio nelle loro corde. Per fortuna, ripassandolo bene, i suoi pregi vengono meglio a galla, soprattutto nel quarto d'ora di Burn, imponente suite a metà fra Morricone, il gothic-dark ed un ritmo quasi downtempo.

venerdì 3 luglio 2015

Dark - Round The Edges (1972)

Il primo Rockerilla che comprai fu Gennaio 1993, in copertina c'era il faccione svanito di J Mascis. Nella rubrica Perfumed Garden si scriveva dei Dark, oscurissima (solo per fama) formazione inglese che sembrava attrarre più curiosità per il fattore collezionistico che per lo stretto interesse artistico di Round the edges, tant'è che la formazione era scomparsa dalle cronache.
Non erano certo una priorità, ed infatti per 22 anni sono rimasti in un cestino recondito della memoria. E' stato soltanto per casuale nostalgia di quelle pagine ormai sbiadite che l'ho ascoltato, e non avevo nessuna speranza di scoprire un capolavoro. Non mi sarei mai aspettato, però, di incontrare un particolare esempio di rock granitico e viscerale che, al netto del pagamento di inevitabili tributi, suona molto bene. La doppia chitarra e le acidità sparse ricordano la west-coast di 4-5 anni prima, denotando il loro aspetto migliore; episodiche durezze sabbathiane, qualche assolo hendrixiano e rare tendenze blues invece li riportavano a casa. Non capisco da dove arrivi invece la definizione prog che spesso si usa per categorizzarli.
La rivelazione finale è che forse erano i veri nonni putativi dei Dead Meadow, viste le curiose coincidenze di discendenza.