L'one-shot di Mark Burgess ed il batterista John Lever dopo lo split dei Chameleons, all'insegna di un suono più ruvido, con quasi zero synths e meno prodotto di Strange Times. I due chitarristi della situazione, più interessati a costruire walls of sound e dare più di una coloritura fine sixties, erano meno dotati dei grandi Fielding e Smithies, ma l'imprinting era ancora profondamente camaleontiano, diciamo meno sovrannaturale ma col marchio a fuoco di Burgess ben definito. La buona produzione, per essere il 1988, era in qualche modo anticipatrice di un certo suono indie-brit degli anni '90 a venire. Death of Imagination e A matter of conscience le perle da annoverare nel miglior canzoniere del mitico nasone, pregne di quel fatalismo umanissimo e solennità terrena che l'hanno reso un mito assoluto.
venerdì 19 giugno 2020
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Adoro questo disco, bello, bello e ancora bello.
RispondiElimina