Quarto album dei DFM, avvenuto in una fase delicata della storia decennale della band; la transizione attraverso l'unico cambio di line-up, col batterista fondatore Summers presente soltanto in una parte del disco e poi dipartito. A causa di questo, Jenkins & compagnia si arrangiarono usando una drum-machine gestita da tal Dawn Leeder, nelle liner notes addetta a unreal drums, percussions, spaghetti bolognese. L'ironia super-british dei Mice va sempre ricercata ma era una certezza così come il loro art-vaudeville-wave-pop, puro ed intransigente. Il battito elettronico non andava ad intaccare più di tanto il loro stile: You took the blue one, Sagittarians, Under The Cafe Table, Hitler's knees gli highlights, con un Jenkins sempre più ispirato a guidare le vignette surreali marchio di fabbrica. Ogni disco dei Mice che scopro, penso che siano stati incredibilmente sottovalutati ed ignorati, a causa anche dell'epoca in cui esistirono.
La ristampa (ovviamente autoprodotta) in cd del 2015 ha accoppiato alla track-listing ben 12 bonus-tracks di imprecisate differents sessions e di un live a Leicester del 1982, contenente quindi estratti dei primi 3 album, col ripescaggio fra l'altro delle leggendarie I met a man who spoke like an UCCA form e Peter Smith is a banana, rese con una grinta davvero notevole.
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