Impossibile non tornare ad una delle memorie più nitide della mia pre-adolescenza, leggendo per la prima volta il nome di questo ambientalista texano: il ricordo va al calciatore Marco, che una sera di primavera del 1986 divenne il bersaglio di una serie di improperi scagliati da mio padre come mai mi era capitato di ascoltare da parte sua, persona molto tranquilla e pacifica ma juventino sfegatato. Di sicuro milioni di altri gobbi quella sera lanciarono strali nei confronti del povero giovane attaccante che si impappinava davanti alla porta, e che si vide una promettente carriera stroncata sul nascere.
Adam invece è un compositore elettronico abbastanza canonico che ha rilasciato pochissimi album, e tutti nel decennio zero. Sisyphus è un lungo viaggio che sul nascere non sembra un granchè innovativo, ma è fatto dannatamente bene. Una filigrana ambient grossa, carica di bassi e di pulviscolo statico, un po' primo Ben Frost, un po' Basinski, un po' Labradford, un po' Stars of The Lid. Un'ora e un quarto di sano artigianato cosmico, non all'altezza dei maestri ma ricca di sensazioni pregnanti, grazie ad un mestierato poco discutibile.
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