Il secondo disco dei californiani, autoprodotto come l'esordio ma con una registrazione perfetta ed intelligente, alla vigilia dell'approdo su major con 41. All'epoca il gruppo era il quartetto originario, col secondo chitarrista Dettman, un elemento chiave che andrà perso con qualche rimpianto, anche se magari poteva non essere decisivo in chiave compositiva. Freel appariva invece come un anello marginale del suono, visto il suo canto sottovoce, monotono e quasi impalpabile, mentre un'altro protagonista era il batterista Kirkpatrick, uno di quelli intelligenti che calibra le progressioni con estrema ratio ma quando si libera dimostra sempre il suo valore.
In sostanza, gli Swell qui appaiono all'apice della loro parabola, impegnati in quella felice disarmonia fra recupero delle radici ed il suono dei college, un incrocio che in quegli anni in America troverà altre espressioni degne di ricordo (Grant Lee Buffalo su tutti). In Well? oltretutto le composizioni sono praticamente tutte valide, con le punte di At Long Last, Down, The Price e Suicide Machine. Avevano già la stoffa e la maturità per sfondare, e l'avrebbero meritato, canto a parte.
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