Il perfetto/imperfetto disco di transizione, fra le indecisioni di Stand Up e le rivelazioni di Aqualung, con il decisivo ingresso di John Evan a colorire con eleganza il songwriting di Ian Anderson che si faceva adulto fin dall'inizio con la splendida With you there to help me e con il vertice Nothing to say, il pezzo più sensibile e serioso del lotto, probabile seme decisivo per le pagine più memorabili degli anni a venire. Martin Barre si ritagliava qualche faretto isolato, ma non per questo meno incisivo e brillante. Fra le melodie più ariose, irresistibili For Micheal Collins, Jeffrey and me, A time for everything, Play in time.
Non tutto il disco gira a meraviglia, va detto; alcune composizioni mostrano la corda, indugiando in un modello troppo legato alla stagione del folk inglese e procurando un po' di tedio. La ristampa in cd di una ventina d'anni fa includeva anche 4 bonus tracks, anch'esse pallidine a parte la grintosa Teacher, che fu pubblicata come singolo per una probabile marchetta al mercato hard-rock, ma si fa apprezzare ugualmente.
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