martedì 1 novembre 2022

The Cure - Live Unipol Arena, 31/10/2022






A distanza di 26 anni il mio fratellone ed io ci siamo recati a vedere i Cure, e l'emozione non è stata di certo inferiore a quella dell'epoca. C'è poco da dire, l'equazione Professionalità + Voglia = fa sempre grande spettacolo, a favore di un pubblico (in un Unipol murato di gente, leggo che può arrivare a contenere 20.000 persone) la cui età media suggerisce la riflessione che non c'è stato un ricambio generazionale nella legione dei fans. E ti pare; se non fai un disco da 15 anni, vivi di concerti e ristampe e te ne freghi di tutto il resto, è chiaro che vivi di rendita, per quanto dorata sia. Anche noi (legionari) dopotutto ce ne freghiamo e se la vita ce lo consente, ci gustiamo lo spettacolo.

Arriviamo presto, sul biglietto c'è scritto che inizia alle 19.00 e puntuali arrivano gli scozzesi Twilight Sad. Il primo pezzo mi sembra interessante, ma già al secondo mi sovviene un parere impietoso: sono terribilmente mediocri, con l'aggravante di un cantante in possesso di uno stile che io chiamo arrotondato, tutta enfasi e poco talento. Mi fermo qui perchè non sarebbe giusto infierire. Ce ne andiamo a bere una birra e aspettiamo che finiscano.

Alle 20.15 i Cure entrano alla spicciolata. Sapevo già del rientro di Bamonte, che se ne starà immobile nell'angolo sinistro per tutto il tempo, in gran parte ad una chitarra difficilmente percettibile, ogni tanto ad una tastierina ancor meno. Un po' di ruggine da togliersi addosso, o una necessità di riprendersi il palco con gradualità? Bentornato. Gabrels, maglietta nera e occhialini tondi scuri, farà spesso il gigione, con l'aria di divertirsi da morire e di fare la sua cosetta con fare vagamente annoiato. Gallup, capello da rockabilly, motore perpetuo a fare il solco da una parte all'altra, a 62 anni con le ginocchia d'acciaio inossidabile, e a perpetrare il suo stile immortale. O'Donnell, ormai vicino ai 70 anni, imperturbabile ma forse il più divertito di tutti, a fare le frasine, lanciare le mani in aria e lanciare occhiate scherzose a Gabrels. Cooper, rialzato di un metro abbondante, a fare il metronomo infallibile. Devo dire che l'ho rivalutato parecchio, curiosamente perchè in un paio di pezzi (Burn e Push, forse i più impegnativi) sul maxischermo alle loro spalle venivano proiettate le immagini prima di fronte e poi alle sue spalle da una camera ravvicinata, e ho dovuto ammettere che il suo stile è davvero potente e solido. Vedi cosa vuol dire l'esposizione diretta.

Per ultimo Robert Smith, che si fa una bella passerella osannato, mano sul cuore, trasudante la proverbiale umiltà che l'ha reso una leggenda vivente. Stupisce la brillantezza vocale che a 63 anni non è più così scontata, ma è evidente che si trova in grande forma (mi sembra anche dimagrito rispetto a qualche anno). La stessa passerella se la farà a fine concerto, dopo due bis, ma un po' più lunga per ringraziare il pubblico, passandosi una mano sull'occhio, non si sa se per nascondere una lacrimuccia di commozione o altro. See you again, ecco la chiave di tutto: la voglia di performare ed emozionare la legione ha sempre il sopravvento su qualsiasi altro fattore. La voglia di divertirsi, di fare un po' di quelle pantomime appena abbozzate che lo rendono irresistibile, di snocciolare quelle risatine mai sforzate, senza mai e poi mai sembrare spocchioso o superficiale. E pazienza se quando parla (non lo fa spesso) non si capisce niente. Qualcuno ride, noi ci guardiamo con un pizzico di rimpianto, allarghiamo le braccia e pensiamo sia una battuta divertente.

Il concerto dura due ore e mezzo, le maratone di un tempo forse non è più il caso di farle. Ci sono i 4 inediti del fantomatico nuovo disco (che si preannuncia molto dark....) che sono già stati ampiamente diffusi online, e lo sostengo in tutta franchezza: non sono irresistibili. A parte la buona I could never say goodbye, retta da un giro impressionistico di O'Donnell, sembrano dei lunghi (anche troppo) flussi di coscienza ipnotici e circolari che chissà, magari nel disco funzioneranno meglio. Presi così, fra una colonna e l'altra, non fanno una gran figura. Mi hanno ricordato quella cassetta che fecero nel 1992, Lost Wishes, che conteneva una manciata di strumentali che non andavano da nessuna parte. Speriamo. Per il resto, è sicuramente una scaletta che non riserva sorprese, pagando un buon dazio alla trilogia: 3 pezzi da Seventeen Seconds (monumentale la resa di At night, per me il top della serata), 2 da Faith, 3 da Pornography. Da Disintegration soltanto le 3 hits, grande spazio a The Head On The Door. Zero assoluto post-2000, soltanto 2 pezzi dal 1993 ad oggi. Un set molto poppy, ma suonato con energia inesauribile, con un pezzo dietro l'altro, pause fulminee, con Cooper che spesso batte il 4 mentre Smith e Gabrels si stanno ancora cambiando le chitarre.

Pecca della serata, un grave problema tecnico che è affiorato a più riprese, un'insopportabile saturazione dei bassi che è rimbombata da metà concerto fino a raggiungere l'apoteosi durante l'esecuzione di Faith, rovinata al punto da far esitare Smith nel canto. E' stato davvero deprecabile vedere questo tecnico che si infilava nel palco un paio di volte con fare compassato, dribblava i musicisti e brancolava fra ampli e strumenti alla ricerca del problema. E per fortuna che il problema è stato disinnescato, ma davvero voto zero a chi ha avuto la responsabilità, una cosa del genere a questi livelli non può mai accadere.

Un aficionado posizionato in prima fila nel parterre ha ripreso integralmente l'evento e l'ha già postato stamattina, per cui sarebbe inutile che mettessi qualche nostro video. E' una ripresa con una prospettiva inevitabilmente limitata, ma il suono è di buona qualità. Si trova qui. E davvero, speriamo di see you again.

3 commenti:

  1. Li vidi al Palaverde taaanti anni orsono, forse '94 perconto

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  2. mio potevano chiudere ancora prima. Se mi sparli dei Twilight Sad tendo a incazzarmi ma vabbè se ti piacciono i Radiohead ci sta!

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