lunedì 28 dicembre 2015

Skaters ‎– Pavilionous Miracles Of Circular Facet Dice (2005)

Come diavolo abbiano potuto due menti umane concepire ed elaborare una poltiglia di suono così indecorosa e malata non lo potrei spiegare. Come ha sapientemente scritto Mattioli su Noisers, gli Skaters hanno finito per diventare l'act più estremo della scena americana rumorista che tanta attenzione ricevette una decina d'anni fa dai media. E ciò in forza di qualcosa che non è violento nè aggressivo, ma è di una velenosità e di un marciume indicibile.
E' il gusto dell'orrido, a volte, ad attirarci. Così come spesso si resta imbarazzati dal mainstream, dalla televisione, dalla politica. Non ho ascoltato altri dischi degli Skaters nè so se lo farò, ma questa roba (sostanzialmente un'ora di deliri vocali deformati in un substrato lo-fi spesso come una scarpa di fango) è così perdutamente immonda e insensata che non ho potuto fare a meno di ascoltarlo tutto. Un fermo immagine demente di Eskimo dei Residents manipolato e replicato all'infinito. Resistenza.

2 commenti:

  1. Il disco più estremo che hai postato è quello della Harley Davidson che scorreggia.
    Questo degli Skaters vanta, invece, un particolare fascino morboso.
    Certi passi mi ricordano le sonorizzazioni del tunnel dell'orrore del vecchio luna park di Roma. Parlo di quarant'anni fa.
    A proposito di morbosità lo-fi, il nostro Maurizio Bianchi, e altri figuri industrial italiani non erano da meno. Un mondo, anche quello, da scoprire.

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  2. E' vero, però quello del basco era un disco di ""musica"" concreta mentre questo no.
    Su Bianchi c'è da indagare, lo so. Certi riconoscimenti internazionali non saranno arrivati a caso, specialmente 30 anni fa.

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