Qualcosa sugli areoplani ed in copertina una barchetta di legno stilizzata. Così Ben Gibbard esordiva ufficialmente vent'anni fa, con una full band ed una valigia piena di speranze. Il successo l'avrebbe raggiunto e la sua caratura di autore sarebbe stata consacrata col secondo un paio d'anni dopo.
SAA vive di due contrasti ben marcati: un imprinting compositivo e vocale mutuato da Doug Martsch ma sbilanciato più sulle melodie che sulle chitarre, ed un alternanza di risultati da rollercoaster. Le tracce migliori sono capolavori del pop alternativo: President of what?, Your Bruise, Champagne from a paper cup, Amputations, Line Of Best Fit mi fecero gridare al miracolo, il resto galleggia sulla sufficienza risicata quando non scende nel banalotto. Non era una questione di acerbità, l'autore era già maturo. E quel quintetto di pezzi clamorosi è manuale indie-pop.
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