Cow-core. Ecco la definizione di un disco che poteva essere definito di transizione; il trio dell'Arizona passava in un men che non si dica dal feroce hardcore del primo disco ad un ibrido di punk e country che aveva del proditorio, ma erano anni fertili per queste contaminazioni, soprattutto se si incideva per la grande SST di Greg Ginn.
Merito anche della sbocciatura di Curt Kirkwood come cantautore, in grado di passare da esagitate danze country-core a finissime ballad elettrificate di diretta discendenza Neil Young, come i 3 famosi pezzi che diedero ai MP il quarto d'ora di visibilità in tutto il mondo nel 1993 grazie all'unplugged dei Nirvana. La sensazione finale è quella di un disco molto fisico ma anche molto svanito (il canto), proiettato in una dimensione parallela; è questo senso di disorientamento che lo rende speciale ed unico, a modo suo. Il successivo si sveglierà un po' dal semi-torpore e punterà sull'aspetto divertente di un suono in progressione.
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