La copertina rassicura nella sua bruttura (talmente orribile da non avere il coraggio di guardarla per più di pochi secondi, con un Angus Andrew rasato a zero e vestito da sposa di tutto punto, con un espressione vuota e vacua che lascia sconcerto puro): il personaggio è ancora fuori di testa, ha le palle per continuare col marchio Liars, nonostante sia rimasto da solo dopo che il co-fondatore Hemphill ha deciso di interrompere la corsa.
Era da diversi anni che avevo perso interesse nei dischi degli australiani, ed un motivo c'era; sembravano incanalati definitivamente verso un elettronica dura e pura, senza tanti sbocchi creativi. L'occasione per una rifondazione è stata fertile: AA si è rifugiato nella natia Australia ed ha concepito questo strano oggetto, così precario ed imperfetto, che potrebbe essere la sua rinascita artistica.
Che parte e disorienta subito: The Grand Delusional è una ballad acustica dolente e solenne, davvero inusuale per Liars. Ed il goffo elettro-gotico di Clich Suite crea ancor più scompiglio. Sembra che AA abbia l'intenzione di riciclarsi come cantautore deviato che non perde la propria ineffabile identità, e ci riesce a più riprese; anche quando l'elettronica spoglia prende il sopravvento, anche quando il più o meno malcelato demenziale esce allo scoperto, AA riesce a sembrare un incrocio fra Xiu Xiu, Thom Yorke e l'ultimo Scott Walker.
A tratti penso che se lasciasse perdere il cazzeggio forse riuscirebbe a fare un capolavoro, ma poi cambio idea: AA non può prendersi sul serio più di tanto, perchè si snaturerebbe. Potrebbe sorprenderci ancora, in futuro.
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