Il secondo album dei CDS, tre anni dopo la rivelazione di Ecim, all'insegna di una compattezza e di una fluidità impressionanti. Un disco molto lungo, che crea stati di ipnosi profonde ma mantiene ben bene i piedi a terra grazie alle ritmiche indiavolate (bellissimo il suono di batteria del neo-entrato Proudman, dal rullante sabbiato ed incisivo, e sempre demoniaco il bassista Fujiwara), alle mille soluzioni della 6 corde del factotum Glenn Jones, lasciando un po' sullo sfondo il synth alla Ravenstine di Robin Amos. Per quanto il concetto di jam fosse preponderante, impressiona ancora oggi la qualità delle partiture di Doldrums, The Colomber e Nepenthe, autentici gioielli di psichedelia tecnica.
domenica 1 settembre 2019
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Che mi risulti questo è il loro terzo album, il secondo era I don't Wanna go to Bed dell'anno precedente.
RispondiEliminaGrande band comunque.
E' vero, però I don't want to go to bed fu considerato fin da subito una retrospettiva antologica di pezzi registrati in varie fasi della prima vita del gruppo, ed è un po' eterogeneo. Grande band comunque.
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