giovedì 30 marzo 2023

Sparkle Division – To Feel Embraced (2020)


Splendida deviazione di Basinski dal suo percorso classicamente ambientale, per la quale Pitchfork ha coniato un brillante slogan: WB sembra uno scenziato con camice bianco che abbandona il laboratorio per salire su un cavallo selvatico. Questo per rimarcare il fatto che il buon Billy ha nientemeno che rispolverato il sassofono, lo strumento che gli dava da lavorare negli '80 quando girava l'America con acts artisticamente discutibili. Pare sia stato spinto all'azione da Preston Wendel, l'altra metà di Sparkle Division, nonchè collaboratore quasi fisso di WB negli ultimi, ottimi album. Cosa significa a volte un buon partner artistico che ti distoglie dal tuo trip personale , ti dà nuova linfa ispirativa e ti sollecita a provare strade diverse.

Il bello di To Feel Embraced non è soltanto che è quanto di più diverso accade normalmente nei dischi di WB. La classe e l'imprinting, al di là del (sicuramente decisivo) contributo di Wendel, esce in maniera micidiale anche su questa mistura di electro-lounge-jazz hauntologico e straniante fin dal primo pezzo in scaletta, You Go Girl!. In tutta onestà, che WB non suonasse il sax da tanto tempo si sente, ma la sua ruggine melliflua finisce per essere un punto di forza. C'è un po' di tutto in TFE: Atmosfere sornione da jazz club, vignette cinematiche strascicate, scie cosmiche nineties, digressioni celestiali che riportano tutto a casa, architetture incasinate in cui WB si diverte a fare l'improbabile free-jazzer. 

A metà fra il divertito ed il serio, Sparkle Division è un esperimento che mi auguro sentitamente non resti isolato. D'altra parte, la classe sembra aumentare con l'invecchiamento....

domenica 26 marzo 2023

Feelies – The Good Earth (1986)


Il secondo dei Feelies, ben 6 anni dopo il debutto Crazy Rhythms. Un altro titolo programmatico; prima i ritmi folli, poi la buona Terra, con un folk-rock sostenuto, alla Rem (dichiaratisi influenzati da loro, a ragione). Contesti differenti, inevitabilmente visto il lasso di tempo intercorso, rilassatezza e vibrazioni positive ma stessa testardaggine e restare sul pezzo con determinazione. I Feelies erano un gruppo molto particolare, conscio forse del proprio potenziale ma in fondo neanche tanto ambizioso; la differenza coi Rem forse era sostanzialmente questa, oltre che avere un cantante nel gruppo. Good Earth è un bello scorrere di scenari agresti, e a loro bastava questo, forse.

mercoledì 22 marzo 2023

Screams From The List #114 - Association P.C. – Sun Rotation (1972)


Quartetto misto olandese-tedesco dedito ad una free-fusion in stile scatenatevi bestie, improntato ad una selvaggia ostentazione di qualità tecniche, ma con il classico, irresistibile sound polveroso tipico di queste produzioni. Scaletta divisa fra sinuosi temi composti ed improvvisazioni belluine, in cui spicca soprattutto il batterista Courbois (le cui iniziali danno il nome al gruppo), un tornado alla Cobham. Poco altro da dire, se non che; non sono passati alla storia e forse un motivo ci sarà, ma un gradevole ascolto o due ci stanno alla grande.

sabato 18 marzo 2023

These New Puritans – Expanded - Live At The Barbican (2014)


Magistrale riproposizione dal vivo dell'ultra-austero Field Of Reeds, registrato con l'ausilio di un'intera orchestra, d'altra parte necessaria per dare una versione fedele dell'originale (d'altra parte, al 98% in copia carbone). E' sembrata quasi la trasposizione ai giorni nostri del trionfale disco dal vivo che negli anni '70 santificava e portava in gloria la carriera dei grandi gruppi rock, se non che la perfetta esecuzione, ai limiti dell'asetticità, lo fa sembrare un live in studio. Poco da dire sul materiale, con The light in your name e Island Song in vetta al resto, apici del loro art-reed-rock qui giunto alla fine di un ciclo. Nel bis un paio di estratti dal (non apprezzato da me) precedente + un ottimo inedito, Spitting Stars.  Isolati su un inevitabile piedistallo.

martedì 14 marzo 2023

Paradise Motel – Left Over Life To Kill (1997)

Gradevolissima scoperta per merito di Opium Hum, che ogni tanto tira fuori lavori del passato di estrema nicchia ma davvero interessanti. I Paradise Motel erano un popoloso collettivo australiano (anzi tasmaniano, per la precisione!) attivo nella fine degli anni '90, durante la quale tentarono anche un ambizioso salto di qualità trasferendosi a Londra, finendo invece per sciogliersi. Il loro secondo lavoro Left Over Life To Kill, una specie di antologia che comprendeva pezzi dell'esordio dell'anno precedente, ascoltato oggi appare come un prodotto squisitamente nineties, ma di alta qualità. Esemplare come sempre la definizione sintetica di Dear_Spirit: dark, dreamy rock over glacial noir-Americana. Facevano essenzialmente ballads elettrificate con uno spirito crooner latente (Tindersticks, qualcosa di Nick Cave), umili inserti dream-pop e la particolarità di una cantante dal timbro suadente ma tutt'altro che impeccabile tecnicamente (anzi, spesso stonata ed incerta), caratteristica che rendeva la loro musica di un'umanità quasi commovente, grazie anche ad una manciata di pezzi davvero belli (Bad Light, Dead Skin, Stones su tutti). Molto più che funzionali gli interventi degli archi, ottima la produzione. Se l'avessi ascoltato all'epoca, sarebbe diventato una pietra miliare personale.
 

venerdì 10 marzo 2023

Cigno – Morte E Pianto Rituale (2022)


Un esordio italico molto interessante dell'anno scorso, ad opera di un cantautore romano di nome Diego Cignitti che valica diversi steccati con Morte E Pianto Rituale, un album molto piacevole per quanto la sua non sia una musica esattamente accomodante. Il suo è una specie di cantautorato post-industriale, a tratti molto spigoloso, ad altri più disteso: potrei azzardare la definizione di esoterismo mediterraneo, a voler cercare una sintesi estrema, che ha diversi punti in comune con il più recente Iosonouncane (Protestanti). Altri paragoni possibili sono le processioni funeree dei Father Murphy (Mare Nero, La Terra Del Rimorso), antiche memorie post-punk (Postcapitalismo è un palese tributo ai CCCP, e spesso il vocalismo di Cignitti indugia in declamazioni alla Ferretti), ma io segnalerei anche alcune finezze strumentali che musicalmente alzano la media generale del disco: l'iniziale Colobraro, un valzer acido con una splendida intro pianistica che fa pensare ad un Satie sotto anfetamina, l'ipercinetica chitarra acustica di Pietra Sprecata e la finale Kabul, una contemplazione desertica di finissimo pregio. Non sarà destinato a cambiare la storia della musica italiana, ma Cignitti potrebbe avere un ottimo futuro.

lunedì 6 marzo 2023

Deutsch Amerikanische Freundschaft – Alles Ist Gut (1981)


Il terzo album dei D.A.F., definitivamente ridotti a duo, approdati su Virgin, trasferiti a Londra e con le spalle belle larghe. Erano passati soltanto due anni dal bruciante Produkt Der... ed uno dall'ibrido Die Kleinen und Die Bosen, e la metamorfosi era completata. Quella contenuta in Alles ist gut è vera e propria Electronic Body Music, monolitica e minimale, disidratata da qualsiasi effetto, proveniente da un bunker senza finestre, ma con una varietà di soluzioni ricchissima. Si svaria dalla danza spastica (Sato-Sato, Rote Lippen, Mein Herz macht Bum) all'anthem da pista da ballo alternative (Der Mussolini, Als war's das letzte Mahl), alla citazione del fondamentale retaggio Kraftwerk (Der Rauber und der Prinz), alla meccanica industriale (Ich und die Wirklichkeit), al gotico robotico (Verlier nicht den Kopf), all'electro-punk (Alle gegen alle). Un menu senza tregua, senza orpelli e con una visione lucida e spietata.

giovedì 2 marzo 2023

Lino Capra Vaccina – Sincretico modale (2022)


La terza età dorata di Vaccina, che ormai settantenne continua regolarmente ad uscire con nuove pubblicazioni, la maggior parte delle quali in collaborazione con altri più o meno illustri. Sono i suoi episodi in solitudine però ad attirare la mia attenzione: Sincretico Modale esce a 5 anni di distanza dallo splendido Metafisiche del suono, e ne persegue il concetto di ambientale riflessiva, in buona parte incentrata sull'immortale sgocciolìo del Grand Piano. Il pezzo d'apertura Armonie della mente si dipana sospeso come un bozzolo di farfalla, dalle coloriture vagamente Buddiane. La sottilissima tensione di Riflessi lontani vede l'unico ospite esterno, l'oboe di Camillo Mozzoni in distensione armonica. Una maggiore stratificazione di suoni concentrici (cimbali e vibrafono) caratterizza Percezione dell'essere, mentre il protagonista della nebulosa Persistenza della memoria è un dolente harmonium. Il piano torna principe ed estatico negli undici minuti della conclusiva title-track, di nuovo reminescente Budd.

Un album di pura contemplazione ed abbandono come ci si può aspettare da questo grande vecchio, anche se nel complesso leggermente inferiore al precedente.