venerdì 3 novembre 2017

Sun Kil Moon ‎– Universal Themes (2015)

Dopo anni di alti e bassi, di scelte discografiche incomprensibili, avevo quasi smesso di seguire il percorso del mio grande eroe Mark. Con Benji, da tutti indicato come il disco della sua rinascita, è arrivato anche un gran clamore mediatico. Proprio lui, che invece sembra un marziano dei social media, così attaccato alle sue radici, così avulso dalle tematiche sociali e dall'attualità (memorabile l'epilogo della scheda di PS, che descrive con enorme maestria questo concetto), è salito in cattedra più per le sue invettive crude e volgari contro bands, giornalisti e pubblico chiassoso che per i dischi. Non posso fare a meno di pensare che non c'è nulla di calcolato; non può che essere sè stesso, calando nelle torrenziali liriche le sue inquietudini di mezza età e giustificandosi con un onestà disarmante dicendo ho finito le metafore per i testi.
Musicalmente, con i suoi ultimi 3 dischi, affiora persino un certo sforzo di variare le atmosfere. Benji è effettivamente molto bello ed ispirato ma ancora troppo acustico per spiccare. L'ultimo, Common as light, è troppo straniante e ridicolmente lungo per farsi amare (forse lo capiremo fra anni?). Il mio preferito è Universal Themes, che guardacaso è stato accolto con freddezza da tutta la critica. Ci sono i capolavori che periodicamente aggiungono tasselli ad un'antologia grassissima (Birds of films, Garden of lavender), un paio di inattese, grintose e acide sfuriate (Ali/Spinks 2, With a sort of grace..., ad un passo dallo stoner!), il resto sono ballads composite che cambiano atmosfera repentinamente (The Possum, Little Rascals, Cry me a river...,This is my first day...) al punto che, se non sembrasse una bestemmia, lo definirei il suo disco progressive per varietà di umori e arrangiamenti. 
Ormai Markone ci ha abituato: il lunario si deve sbarcare e pazienza se ogni anno esce con qualcosa, a noi fedeli spetta la caccia ai tesori.

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