giovedì 24 maggio 2018

Peter Silberman ‎– Impermanence (2017)

Al debutto solista per modo di dire, Mr. Antlers va estremamente intimo e spoglio con un disco che al 90% è solo chitarra e la sua voce inconfondibile. Il songwriting non sembra essere di scorta al gruppo e le esecuzioni sono di una devozione quasi liturgica, in modo da evidenziare l'influenza del Jeff Buckley di Sin-è, ma con ovviamente meno esuberanza ed enfasi. Un passo da tartaruga e accordi sparuti caratterizzano l'opening Karuna, il pezzo più esaltante della scaletta, che inscena il fantasioso innesto del sopracitato sulle architetture fantasmatiche del Mark Hollis anno di ultima grazia 1998. Fosse stato tutto a queste altezze avremmo gridato al capolavoro, ma Silberman rientra rapidamente sui binari di un cantautorato piuttosto convenzionale con New York, Maya, Ahimsa,  e la pur eccellente Gone Beyond, che non potranno non piacere a chi ha scoperto Buckley tramite l'arcifamosa rendition della Halleluwah coheniana. La chiusura spetta alla strumentale title-track, che ritorna alle atmosfere magiche di Hollis, questa volta però più dalle parti di Laughing Stock; questo è quanto prediligerei che approfondisse Silberman, augurandomi comunque che risolva i suoi problemi di udito e ritorni presto con un nuovo Antlers.

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