Ricordo delle prime Mental Hours, in occasione del venticinquennale di quelle fantastiche memorie dell'adolescenza. La storia è ben nota: il nucleo originale degli Orb, composto da Alex Paterson e Jimmy Cauty, aveva lavorato ad un disco ma si spaccò e quest'ultimo portò il materiale in studio, tolse il contributo dell'ex-partner e lo pubblicò a nome Space, proprio mentre il suo progetto principale KLF spiccava il volo con Chill Out.
Generalmente stroncato dalla critica, Space è un saggio di ambient-house poco prima della sua esplosione ma quasi privo di ritmiche. Facile pensare che Paterson fosse l'artefice dei battiti, vista quest'assenza: ciò che resta al netto era un fascinoso concentrato di sequenze teutoniche, frequenze androidi, silenzi inquietanti, raffinati passaggi sinfonici, in un fragile e precario equilibrio di riflessi. Il meglio sta proprio nelle due tracce che vennero incluse nelle Hours (ma guarda un po'!), ovvero l'incubo galattico di Mars ed il deliquio bucolico per piano elettrico, moog e voce femminile soprano di Jupiter. Non verrà certo ricordato fra le pietre miliari del genere, ma come atto pionieristico sicuramente sì.
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