Chi è invecchiato meglio dei Pink Floyd? I bolsi Gilmour e Mason, protagonisti di un tonfo clamoroso di senilità con The Endless river oppure il buon vecchio Ruggero Acque, tornato l'anno scorso dopo un silenzio discografico di un quarto di secolo? E qualcuno ancora si sarebbe aspettato una reunion, dopo il live 8 del 2005?
Il fatto è che Is this the life rischia di essere il suo miglior disco solista, ed è tutto un dire. Prima di ascoltarlo, non mi aspettavo minimamente che a 75 primavere Waters potesse ancora dare una prova così che non solo non è il diavolo, ma è il miglior disco dei Pink Floyd degli ultimi 40 anni. Che tirasse fuori una cosa di carattere non avevo dubbi, e la materia prima non gli mancava di sicuro: navigare nel torbido di un mondo sempre più in declino, degradato, barbaro ed insensibile non potrebbe esser stata miglior fonte d'ispirazione. La sorpresa è che musicalmente è la miglior sintesi possibile del Waters storico; indubbiamente il tempo impiegato (che non sarà stato certo 25 anni, ma almeno 10 potrei sostenerlo con serenità) ha giocato a favore, ma il merito maggiore in realtà potrebbe essere imputato a Nigel Radiohead Godrich, il famoso produttore che non soltanto ha svolto il suo lavoro con il giusto distacco e reverenza, ma pare che abbia convinto il suo creatore a tagliare, a condensare il materiale in modo da renderlo più compatto e concentrato. Conoscendo l'ego di Waters, dev'essere stata un impresa titanica.
Poco da dire sul contenuto; i fans storici dei PF troveranno il giusto godimento, perchè la retrospettiva è pressochè totale, a volte ai limiti dell'autoplagio (Smell the roses ad esempio, che è una ripresa di Have a cigar, come negarlo?), ma stiamo parlando di un istituzione che col tempo non perde il proprio valore. Un po' di Wall ce n'è, ma la fonte più attinta a mio avviso è quel gran disco, poco citato nei libri di storia, che fu Animals. Monumento.
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