E' un po' che non abbiamo più notizie di John Burton, per cui retrospettiva su questo pseudo-live dal concetto fascinoso: invitato ad un festival a Tunisi, gli è stato imposto di eseguire il suo concerto con l'ausilio anche di materiali registrati nei dintorni. Col nastro poi è tornato a casa ed ha assemblato il disco finale, risultato in un meltin' pot ambizioso di influenze locali, un po' di acustica ed electro-ambient polverosa, misticheggiante, da miraggio desertico. Fra canti di muezzin, strumming, droni estatici, ipnosi e tribalismi, Burton è riuscito a non farsi prendere la mano ed ha fatto centro, e che si tratti di un live ce ne accorgiamo solo negli ultimi secondi, quando un caloroso applauso si leva dal pubblico.
L’uomo che voleva uccidere Björk
19 ore fa
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