Dopo lo stupendo debutto di Sistereis, il norvegese Jansen lo ha bissato l'anno scorso, e c'è ancora da sobbalzare sulla sedia per gli amanti della sperimentazione dark.
Varde è un lavoro che, rispetto al predecessore, spinge sull'oscurità avvolgente delle 12 pieces, con ottica più ossessiva e raggelante. Se Sistereis sembrava acquatico, Varde è esplorazione notturna e glaciale (tant'è che Jansen si è ispirato alla disavventura polare di un escursionista).
Sono piccoli dettagli che affiorano all'ascolto accurato ed attento di questo secondo atto, che fondamentalmente non rivoluziona quanto espresso nel precedente. La ricerca di Elegi sta nel condensare caverne di dark-ambient con neo-classicismi abbozzati, fra cristalline gocce di piano, bordoni di violoncelli o stridori di violini. Esempio, il capolavoro Uranienborg, il pezzo meno intimidatorio dal fascino luminescente, o le meditazioni astrali di Svanesang e Sovnens skelertak. La desolamte Skrugard, i baratri profondissimi di Drivis, Fandens Bre, le solennità seriose di Angekok, Rak, sembrano comunque essere i motivi guida di questa colonna sonora antartica, buia e depressa.
Jansen non ha cambiato rotta ma stupisce di nuovo per la sua classe nell'appaiare strumenti classici ai tapes, alle trovate da field recordings, all'elettronica spartana e subliminale. Non sembra ancora necessario un cambiamento, visti i risultati, ma stiamo alla finestra per il terzo disco.
Varde è un lavoro che, rispetto al predecessore, spinge sull'oscurità avvolgente delle 12 pieces, con ottica più ossessiva e raggelante. Se Sistereis sembrava acquatico, Varde è esplorazione notturna e glaciale (tant'è che Jansen si è ispirato alla disavventura polare di un escursionista).
Sono piccoli dettagli che affiorano all'ascolto accurato ed attento di questo secondo atto, che fondamentalmente non rivoluziona quanto espresso nel precedente. La ricerca di Elegi sta nel condensare caverne di dark-ambient con neo-classicismi abbozzati, fra cristalline gocce di piano, bordoni di violoncelli o stridori di violini. Esempio, il capolavoro Uranienborg, il pezzo meno intimidatorio dal fascino luminescente, o le meditazioni astrali di Svanesang e Sovnens skelertak. La desolamte Skrugard, i baratri profondissimi di Drivis, Fandens Bre, le solennità seriose di Angekok, Rak, sembrano comunque essere i motivi guida di questa colonna sonora antartica, buia e depressa.
Jansen non ha cambiato rotta ma stupisce di nuovo per la sua classe nell'appaiare strumenti classici ai tapes, alle trovate da field recordings, all'elettronica spartana e subliminale. Non sembra ancora necessario un cambiamento, visti i risultati, ma stiamo alla finestra per il terzo disco.
Nessun commento:
Posta un commento