Una delle bands più chiacchierate degli ultimi 2 anni, il duo di Nottingham, è sostanzialmente una truffa. Lo dicono non soltanto i fatti, ma soprattutto le cronache live, in cui il verboso Williamson srotola tutte le sue invettive mentre il compare Fearn schiaccia il tastino del playback facendo partire le basi e poi se ne sta a lato con una bottiglia di birra in mano, facendo su e giù con la testa.
Ma se si ignora quest'aspetto tutto sommato secondario, i due dischi rilasciati negli ultimi 2 anni sono fra le cose più irresistibili nell'ambito intrattenimento di questi tempi. In un certo senso è la classica scoperta dell'acqua calda, che premia la semplicità prima di tutto. Difficile definirlo hip-hop. Williamson è il tipico over-40enne incazzato che non è riuscito a sfondare nel mondo della musica, non certamente un rapper, Fearn un dj alternativo che srotola basi minimali di basso e batteria di squisita matrice post-punk. Il primo pensiero complessivo cade sui Fall, ma certe tracce fanno pensare addirittura ai grooves scurissimi dei Joy Division quando non a Metal Box, con una buona dose di bpm in più. Se si considera l'effetto simpatetico del pesante accento cockney di Williamson, succede che questa roba dà dipendenza pressochè immediata. Poi magari fra un anno o due la rivedrò come spazzatura, ma chi se ne frega. Forse la natura della truffa è proprio questa, di stregare e bruciare rapidamente come fece il miglior punk.
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