Come nel caso degli Algiers o dei TV On The Radio, il talentuoso Ghostpoet è un coloured che non ignora le sue radici ma guarda intensamente alla musica bianca e la adotta al 100%.
Questo quanto succede nel suo terzo disco, in cui lascia da parte i già esigui residui di hip-hop ed elettronica e diventa un indie-guy, appellativo che non vorrebbe mai sentirsi appioppare. Difficile però non definirlo tale, all'ascolto di Shedding Skin, che è interamente suonato da una band coesa, in cui il suo vociare si fa sempre più simile ad uno spoken-word (per contrasto, le pochissime frasi cantate spesso corrispondono ai migliori climax emotivi), in cui ci sono canzoni dalle strutture piuttosto convenzionali, con un umore molto crooner, in cui il principale riferimento è riconducibile ai National di mezzo. In un paio di pezzi persino i Radiohead.
Detto ciò, il disco è letteralmente bellissimo; non c'è un pezzo che non giri a dovere, che non colpisca, che non regali il brivido di questo coinvolgente ed irresistibile crossover. Potrebbe restare una parentesi isolata, visto il talento del soggetto che pare essere un buon eclettico: comunque vada, Shedding Skin non si dimenticherà facilmente.
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