L'inaspettato ritorno di Dave Pearce, senza Rachel Brook, a 15 anni dall'ultimo album, Mirror. Strumentali del 2015, numero 15. Numerologie?
Cos'è successo in questi anni Pearce lo accenna in un'intervista, in cui dichiara di essere andato un po' fuori di testa, di essersi isolato, per un lungo periodo persino di aver lasciato perdere la musica. Ma parte di Instrumentals risale ad un decennio fa, quindi questo ritorno rappresenta una specie di ponte col passato, con quanto rappresentò FSA negli anni '90, quell'esserci ma sempre un po' defilati, fuori dallo shoegaze, fuori dai riflettori ma con vasta gratificazione. E con buona lungimiranza nei confronti delle tendenze sotterranee (soprattutto americane) degli anni a seguire.
Dalla psychedelia rurale però ne è passato di tempo, e questa antologia degli anni bui di Pearce testimonia comunque un cambiamento. Nessuna voce, nessun'accompagnamento, soltanto le chitarre e i pedali; del romanticismo galattico che caratterizzava i momenti più toccanti, ben poca traccia. Il Pearce di questo album è un uomo turbato, che per come lo conoscevamo oggi suona persino apocalittico. Nuvoloni neri in arrivo, tempeste dietro l'angolo, miraggi desertici, allucinazioni scultoree, e poi anche qualche melodia serena e rassicurante, di quelle che ti fanno sollevare, quasi commuovere.
Questo il senso dei ritorni: welcome back Dave, non ci speravamo più che ricomparisse ed è bello che egli ritorni con qualcosa di diverso, che si sente che è suo ma scandisce il passare del tempo, inesorabile e forse persino un po' pessimista. Ma che strega istantaneamente.
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