Cantore del malessere di vivere confinato in una sedia a rotelle, Chesnutt è stato uno di quei personaggi intensissimi che mi sono perso in un'epoca in cui avrei potuto amarlo ardentemente. Non dico che sarebbe stato all'altezza degli dei, ma di certo lo avrei consumato come un Jason Molina d'annata. Le sue canzoni meste ed ariose al tempo stesso contenevano un fuoco espressivo dal dna inconfondibilmente americano, fior di canzoni, con una voce unica, strascicata, allungata, da brividi quando si arrochiva. Pupillo di Michael Stipe che lo portò alla ribalta e gli produsse i primi due album, il secondo dei quali è West Of Rome; semplice e disarmante, con ben 22 pezzi fra acusticherie, tradizionalismi ed impennate indie, di cui una metà memorabile e l'altra semplicemente bella.
Qualche anno fa, dopo diversi tentativi, Vic ce la fece a togliersi la vita dopo diversi tentativi, povero in canna ed indebitato. Ci starebbe un film, su quella vita maledetta.
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