Dietro (l'infelice, diciamocelo) monicker di Elvish Presley nei primi anni Zero si è celato Tom Hohmann, il batterista dei grandissimi Usa Is A Monster. Dopo due cd-r autoprodotti, Black Elf Speaks è stato la prima ed ultima uscita ufficiale per lui, sull'etichetta harsh-noise Bulb Records.
Se penso ai furiosi prodotti contemporanei degli UIAM, questo è sorprendente perchè anticipa in qualche modo le derive light dei loro ultimi dischi, a dimostrazione di come Hohmann ne fosse molto di più che il batterista; era già un songwriter con delle idee personali e definite. Il meltin' pot fra le cantilene d'ispirazione degli Indiani di America, il folk psichedelico americano, il suono pastoso e stonato del muro di chitarre, le ritmiche dispari, le armonie vocali raddoppiate e curate, le figure solenni di tastiere, tutto questo assumerà un peso molto più rilevante su Space Programs. Questo di sicuro non sminuisce la figura del grande Langenus, ma rende Black Elf Speaks un disco decisivo in prospettiva.
Nessun commento:
Posta un commento