Chiudo la discografia del grandissimo trio di San Francisco che ha lasciato un esiguo manipolo di fans come me, assetati di altro art-maudir-core che purtroppo non è mai più arrivato. Assieme al debutto ed alla raccolta di out-takes e rarità, Alter se ne sta lì nella sua lucentezza abbagliante, a farsi rimirare ed ascoltare ed ascoltare e rimirare ed ascoltare. Pitchfork gli diede un 8.4, per me è questione di decimali: un capolavoro che vale un raro 8,5.
Di tutte le 12 tracce in scaletta, non ce n'è una-che-una che faccia scendere il livello, al punto che scegliere un YT rappresentativo diventa un problema insormontabile, risolvibile soltanto con un imponente multi-traccia. Poco da aggiungere, se non che rispetto al debutto risaltavano di più le doti di Rothbard, il cui stile sempre più barocco al piano donava maggiore profondità e lirismo al tutto, portandosi dietro la chitarra di Hughes, che non rinunciava alle esplosioni ma rispondeva perfettamente al compagno. Un capolavoro da consumare fino alla noia, che i fan più aperti di Nick Cave e tutti quelli dei Black Heart Procession avrebbero dovuto ascoltare.
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