sabato 8 aprile 2017

Ulver ‎– Perdition City (2000)

Tassello cruciale di una carriera sfaccettatissima, almeno quanto lo è stato il gioiello ambient-rock del 2007. A sentire Perdition city, davvero si stenta a credere che sia lo stesso gruppo che 4-5 anni prima proponeva una formula di black-metal che, per quanto personale fosse, era pur sempre black-metal. Definirlo un disco trip-hop sarebbe comunque riduttivo: come spesso accade ai musicisti sopra la media di approcciare a gamba tesa un genere assai distante dalle loro radici, il risultato è mal che vada peculiare.
Le ritmiche stentoree di quella tendenza ancora molto in onda ai tempi sono soltanto un accessorio, in fondo: Perdition city è un concept notturno, lascivo e misterioso in cui splendono le soluzioni melodiche più aperte (Porn Piece Or The Scars Of Cold Kisses, Nowehere/Catastrophe), gli strumentali drammatici ( Hallways Of Always, Tomorrow never knows) e gli esperimenti più oppressivi (We are the dead, Dead city Entries). Sopra tutto questo, l'iniziale e memorabile perla di Lost in moments. Ai tempi lo scansai del tutto, ma avrà diviso non poco le opinioni e continua a farlo (Pitchfork addirittura lo derise in maniera sguaiata). Io credo sia giusto che col tempo vada annoverato come un capolavoro di electro-art.

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