mercoledì 26 aprile 2017

Oren Ambarchi ‎– Quixotism (2014)

Episodio piuttosto trascurato, considerato minore se non deludente più o meno da tutti i pareri che contano. Eppure Quixotism a mio avviso è un'altra prova di classe di una poetica, quella dell'australiano, in grado di scardinare quel confine indefinibile fra elettronica ed acustica, fra polo ed equatore, fra distacco e coinvolgimento.
Strutturato in una suite divisa in 5 movimenti, Quixotism fa sfoggio di una nutrita schiera di ospiti, di cui i più famosi sono senza dubbio O'Rourke e Brinkmann. E' un minimalismo policromatico, quello di Ambarchi, che fa dell'ipnosi il suo punto forte: la ritmica ha una componente fondamentale, specialmente quando il battito si fa incessante e metronomico, una sorta di incrocio fra un martello pneumatico soft ed una bomba ad orologeria. Mentre tutto intorno la chitarra fantasmatica produce nebbie polverose e caleidoscopi immagignifici, si susseguono i tocchi di piano, le svisate degli archi (nientemeno che l'orchestra sinfonica islandese!), le striature di synth, è tutto un gentile mulinare di suoni e colori che il disco finisce senza che ce ne accorgiamo.E lo facciamo ripartire.

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