domenica 27 agosto 2017

Grant Lee Buffalo ‎– Copperopolis (1996)

Di sfatare un mito non se ne parla, ma oggi riascoltando Copperopolis mi sono chiesto; per quale motivo non l'ho amato come Fuzzy e Mighty Joe Moon? L'ho ignorato ai tempi, ma se non ricordo male non fui l'unico. Com'era possibile che, nel periodo post-grunge, non venissero osannati nè dal pubblico nè dalla critica, al cospetto di tali dischi stratosferici?
A distanza di 20 anni, forse possiamo trovare delle risposte che abbiano un minimo di fondamento, e che stabiliscono un parallelo di ingiustizia con gli American Music Club (e scatenano la solita perchè i Rem sì e loro no?): non erano ruffiani, mettevano le canzoni ed il trasporto emotivo davanti a qualsiasi altra cosa, nei testi affrontavano temi scomodi che potevano scuotere e far riflettere. Cosa di cui forse gli americani non avevano molta voglia di fare.
Al di là di tutto questo, Copperopolis era un lavoro altamente rifinito, cesellato e soprattutto riflessivo: smaltite le urgenze espressive di Fuzzy, passate in vetrina le melanconie rurali di Mighty Joe Moon, Phillips non poteva fare altro che non ripetersi se non sfoderando altre 13 canzoni dal suo bagaglio di artigiano sopraffino. Meno rock e più folk meditabondo, Copperopolis ha solo il difetto di richiedere qualche ascolto in più per essere amato, con pochi compromessi.

2 commenti:

  1. Grandi! Mi ricordo, purtroppo vagamente perché troppo arrostito, il concerto a Casalecchio di Reno... di spalla ai R.E.M. appunto... per me la spalluccia erano i rem però! Fuzzy... mi rammenta la cassetta comprata a prezzo di non fumare qualche giorno.

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  2. Peccato tu fossi arrostito, perchè dal vivo dovevano essere davvero bravi...

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