Dall'assolata Sicilia, il sorprendente debutto di un cantautore ombroso, Marco Giambrone, in possesso di un bagaglio espressivo di respiro internazionale, e non meno degli ormai gloriosi Father Murphy.
Silent Carnival è un elegia della lentezza e del rumore dell'anima. La musica di Giambrone è spoglia e con i nervi scoperti, con le vene in evidenza che scorrono. Accordi tenui pastello di chitarra riverberata si incaricano di dare il via a 10 pezzi di un cantautorato maledetto, dai toni fra il malinconico ed il plumbeo. E' lo stile altamente emotivo a determinare la grandezza di un autore che indubbiamente si rifa a diversi modelli del passato: slow-core statunitense (filiazione Drunk e Spokane, ma in certi momenti riaffiorano persino i Codeine meno elettrici), folk apocalittico (un David Tibet scevro da qualsiasi prosopopea), giganti classici dell'autunno-inverno (Black Heart Procession), digressioni dal sapore rituale che quasi stabiliscono un parallelo con gli stessi Father Murphy (almeno un paio di tracce). Paragoni ingombranti, certo, ma Giambrone sa il fatto suo ed il disco è letteralmente stupendo ed avvolgente.
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