Ritenevo molto improbabile che i Wolf Eyes potessero avere una crescita musicale significativa, e non per presunta imperizia; dopo quasi un ventennio di uscite, mi sembrava arduo pensare che potessero almeno in parte reinventarsi, dopo aver fatto una tabula rasa sonora di quelle fattezze. Ed invece sorpresa; si vede che a forza di incidere (ad oggi sfioriamo i 300, una cosa da guinness) il trio è maturato a livello strumentale e I am a problem: Mind in pieces è un disco che se fosse stato realizzato da esordienti, si sarebbe scritto "un nome da seguire". Non che sia nulla di rivoluzionario, ma è fatto dannatamente bene: a partire dall'ipnotica intro Catching the rich train (con tanto di piano elettrico e clarinetto...), si tratta di un animale strano, sgusciante come una vipera e schiumante come un lupo affamato, proseguendo con lo stentoreo marziale di Twister nightfall, l'electro-doom-punk di T.O.D.D., le scansioni orrorifiche di Asbestos Youth, il cyber-hardcore di Enemy ladder, e concludendo con l'escursione lunare di Cynthia Vortex. Difficile stabilire se sia il loro disco più accessibile, bisognerebbe aver ascoltato tutti gli "ufficiali"; di sicuro segna una maturità inaspettata.
martedì 16 gennaio 2018
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