Il Budd della terza età, dei 3/4 di secolo, in un disco diviso in 3 parti. Non ho approfondito le ultime appendici della sua discografia, ma sono convinto che la vecchiaia possa essere una stagione dorata per lui: d'altra parte, in giovane età la sua compostezza formale fu sempre all'insegna di un lavoro con lentezza e con educazione.
In the mist mi è sembrato un disco abbastanza feldmaniano, a più riprese. I primi 5 pezzi, per piano ovattato, probabilmente microfonato a distanza, sono intrisi di quel falso, apparente minimalismo interlacciato con le sue arie melanconiche. Quasi hauntologico. Spicca il tributo a Mika Vainio, dall'incipit quasi basinskiano. I seguenti 3, ovvero il secondo blocco, interlocutori, come a stabilire un ponte con il terzo ed ultimo, in cui entra in scena un quartetto d'archi. E qui sta il piatto forte, con 5 brevi arie impressionistiche, per l'appunto reminescenti di Feldman, per ondate metronomiche di corde e sfregamenti.
Comunque lo si veda, un set d'eleganza che non si discute.
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