Un passo importante di carriera: dopo i riconoscimenti internazionali per Demon Box, l'approdo su major fu pressochè inevitabile. Ciò che stupiva era che, passato neanche un anno da quel mastodonte, i ragazzi di Trondheim se ne tornavano con un doppio cd. La prolificità resterà una costante nel proseguio del loro cammino, a volte anche a scapito della qualità.
Forse proprio per questo motivo al tempo vidi Timothy's Monster come una mezza delusione: rispetto a Demon Box mancava la giusta follia, era un album meditato, dilatato e con alcune lungaggini che potevano renderlo un ottimo singolo. La formula indie-psych-hard restava esaltante, ma le debolezze insite in questo paio d'ore abbassavano la media con le perle incastonate: Trapdoor, Wearing Yr Smell, Leave it like that sul versante squisitamente Dinosaur Jr, On my pillow splendida ballad slacker-lisergica, i 17 minuti della possente ed evocativa The Wheel, i 13 della celestiale esplosione The Golden Core.
In ogni caso, riascoltandolo oggi dopo oltre 20 anni, Timothy's Monster riacquista un certo valore anche nei momenti meno esaltanti. D'altra parte, la bravura dei Motorpsycho era quella di saper mutuare con evidenza mediando con la grandeur scandinava e quel senso dell'eccesso tutto loro. Oppure sarà soltanto il ricordo dell'adolescenza.
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