Davvero atipico il fatto che un gruppo del genere venga da Napoli. Gli OSD sono un quintetto piuttosto ambizioso in termini di sound e costruzioni, e realizzano un post-hardcore-metal che pesca da diversi frangenti. La voce di Foresti e le deflagrazioni più violente ricordano parecchio i Neurosis, ma rappresentano solo una minima parte di questo lungo albo.
Il synth riveste un ruolo molto importante, allo stesso livello se non più importante delle chitarre, è il vero strumento solista del gruppo; fornisce all'impianto la venatura hard-prog che straborda in parecchi frangenti (il passaggio kingcrimsoniano di Black Black), nonchè ricordi inconsulti della stagione tedesca degli anni '70.
Atlas Coelestis non è un disco che passa tanto inosservato; quasi tutti i pezzi sono lunghi dai 8 ai 12, le composizioni sono articolatissime e contorte. Se posso muovere qualche osservazione, consiglierei ai OSD di condensare meglio le loro numerose idee in un formato più breve, mentre a Foresti di provare qualche pezzo con una voce normale, e non di utilizzare sempre il classico growling.
Alla lunga, nonostante l'ottima produzione e la varietà delle atmosfere, Atlas Coelestis finisce per esssere così dispersivo che alcuni passaggi eccellenti rischiano di restare sotterrati sotto la mole gigantesca di sviluppi.
Insomma, si può solo migliorare....
Il synth riveste un ruolo molto importante, allo stesso livello se non più importante delle chitarre, è il vero strumento solista del gruppo; fornisce all'impianto la venatura hard-prog che straborda in parecchi frangenti (il passaggio kingcrimsoniano di Black Black), nonchè ricordi inconsulti della stagione tedesca degli anni '70.
Atlas Coelestis non è un disco che passa tanto inosservato; quasi tutti i pezzi sono lunghi dai 8 ai 12, le composizioni sono articolatissime e contorte. Se posso muovere qualche osservazione, consiglierei ai OSD di condensare meglio le loro numerose idee in un formato più breve, mentre a Foresti di provare qualche pezzo con una voce normale, e non di utilizzare sempre il classico growling.
Alla lunga, nonostante l'ottima produzione e la varietà delle atmosfere, Atlas Coelestis finisce per esssere così dispersivo che alcuni passaggi eccellenti rischiano di restare sotterrati sotto la mole gigantesca di sviluppi.
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