Pesante ed etereo, gravoso ma librato in voli galattici, Ancestral Star (ed in generale il lavoro dei Barbagianni da San Francisco, anche se questo è decisamente il loro masterpiece) rappresenta una delle esperienze più emozionanti fra gli ascolti degli ultimi due anni.
A partire dal vibrante feedback di apertura, sembrerebbe di trovarsi in un gorgo doom senza ritmica nello stile dei primi Earth, ma il viaggio è appena cominciato e le costellazioni hanno un impatto tremebondo. Vision in dust, l'unico pezzo con batteria e voci, si dipana in un mantra cosmico che sfocia nel misticheggiante intreccio di chitarre rintoccanti in Night's shroud.
Caminiti e Porras sono essenzialmente due ex-metallari che studiano l'inconscio immobile della contemplazione, scavano nel profondo, vanno a cercare l'ancestralità alternando pienoni saturi (il drone massimalista della title-track, in cui sembra che le casse prendano fuoco, tale è l'impeto) a fasi quiete e riflessive (il fingepicking acustico di Cavern Hymn), fino a toccare desolate lande ambientali.
E' una meraviglia senza soste. I violini di Flatlands, il piano minimalista di Twilight, le frasi epic/western di Awakening, i cori gregoriani su drone di fisa di Incantation, fino al sigillo finale della folata sonica di Light from the Mesa.
La produzione e i suoni sono semplicemente spettacolari, non a caso courtesy della Thrill Jockey. Com'è intuibile, ci sono tante soluzioni in Ancestral Star, ma il senso di omogeneità di questa missione (perchè di tale si tratta, in fondo) finisce per commuovermi e darmi brividi in continuazione.
A partire dal vibrante feedback di apertura, sembrerebbe di trovarsi in un gorgo doom senza ritmica nello stile dei primi Earth, ma il viaggio è appena cominciato e le costellazioni hanno un impatto tremebondo. Vision in dust, l'unico pezzo con batteria e voci, si dipana in un mantra cosmico che sfocia nel misticheggiante intreccio di chitarre rintoccanti in Night's shroud.
Caminiti e Porras sono essenzialmente due ex-metallari che studiano l'inconscio immobile della contemplazione, scavano nel profondo, vanno a cercare l'ancestralità alternando pienoni saturi (il drone massimalista della title-track, in cui sembra che le casse prendano fuoco, tale è l'impeto) a fasi quiete e riflessive (il fingepicking acustico di Cavern Hymn), fino a toccare desolate lande ambientali.
E' una meraviglia senza soste. I violini di Flatlands, il piano minimalista di Twilight, le frasi epic/western di Awakening, i cori gregoriani su drone di fisa di Incantation, fino al sigillo finale della folata sonica di Light from the Mesa.
La produzione e i suoni sono semplicemente spettacolari, non a caso courtesy della Thrill Jockey. Com'è intuibile, ci sono tante soluzioni in Ancestral Star, ma il senso di omogeneità di questa missione (perchè di tale si tratta, in fondo) finisce per commuovermi e darmi brividi in continuazione.
Nessun commento:
Posta un commento