Quasi in tutti i generi ci sono sempre stati dei ritardatari che sono arrivati lunghi ma hanno saputo far strabuzzare gli occhi. In ambito new-wave inglese di sicuro la palma va ai Chameleons, quartetto che arrivò all'esordio con 3-4 anni di ritardo ma lo fece con un capolavoro dalla copertina fuorviante, progressive in tutto e per tutto.
I riferimenti principali erano Echo & The Bunnymen e i Sound; due chitarre espanse e cristalline, ritmiche squadrate e nervose, pezzi epici e di grande respiro, che non avevano nulla da invidiare ai suddetti. La media di Script of the bridge è impressionante: a parte il poppettone Up the down escalator, probabilmente destinato al lancio commerciale, tutte le 11 tracce sono formidabili, con speciale menzione per Here Today, Second Skin, Pleasure and pain, As high as you can go, A person isn't safe..., Paper Tigers, impregnate di quella malinconia e senso di decadenza che solo il miglior post-punk inglese ha saputo esprimere.
Pietra miliare.
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