Li avevamo visti dal vivo nel 2009 e già allora era stato annunciato un fantomatico nuovo disco, The Alternate, mai uscito. L'anno scorso invece sono tornati per davvero con Citizen Zombie, che ha confermato le (almeno mie) previsioni: un rientro dignitosissimo, ben lungi dallo scatenare sismi del passato, gradevole e per nulla ostico. Bene o male la tendenza è quella degli Wire attuali: fare sfoggio delle proprie radici con un'autoironia (almeno a me) palpabile; sessantenni che vogliono riappropriarsi di quanto crearono in quelle formidabili annate, che hanno ritrovato il piacere di riunirsi. La formazione poi è ben 4/5 di quella originale, manca solo il secondo chitarrista Waddington che evidentemente non ce l'ha fatta.
Citizen zombie è divertente, frizzante e ben assortito. C'è il funk, i ritmi squadrati e quelli fratturati, ci sono gli spasmi tipici e c'è Mark Stewart a suonare la sua voce. Magari fra qualche anno ce lo saremo anche dimenticato, ma un rientro bello va sempre salutato col cappello.
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