La grandezza degli Slowdive non va misurata soltanto nel fattore guardati-le-scarpe e non soltanto nel miliare Just for a day, ma anche nel coraggio di fare uno dei capolavori più misconosciuti dei nineties come Pygmalion, dopo quel Souvlaki che vedeva il gruppo ancora in ottima forma ma un po' confuso sulla direzione da intraprendere, forse distratta anche dall'ingombrante presenza di Eno. Con questo terzo rinnegarono di fatto quanto realizzato in precedenza e si diedero ad un ambient-rock trasognato sotto la loro lente, che assimilava la lezione degli ultimi Talk Talk, dei Bark Psychosis di Hex e che clamorosamente anticipava persino certe atmosfere criptiche che i Radiohead portarono alla ribalta qualche anno dopo. C'è poco da spiegare sul contenuto. lunghe e circolari composizioni minimalistiche nella struttura, poche stratificazioni, grande enfasi sulle trovate melodiche sempre brillanti di Halstead. Qui sotto di video ce ne metterei 9, di video. Ovvero quanti i titoli in scaletta.
venerdì 16 dicembre 2016
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento