Trio di mattacchioni abruzzesi che con fare pacioso e divertito giocano con una nutrita serie di luoghi comuni del passato. Mi si passi i termini, magari gli Inutili prendono la loro musica molto sul serio, ma io la vedo così. Già il nome del gruppo stesso è memorabile. Al primo ascolto sembra una band di bassa lega, al secondo già la considerazione sale parecchio, al terzo la simpatia è inevitabile ed alcuni motivi restano in testa.
Il garage è il punto di partenza; selva di chitarre, ritmiche scalcinate, chiasso generale e caos organizzato. La prima metà del disco è quella grosso modo classica: Velvet Underground, l'indie-rock americano più slacker degli anni '90 (vengono in mente gli Strapping Fieldhands), Jon Spencer Blues Explosion, Sonic Youth, addirittura i Doors.
Il garage è il punto di partenza; selva di chitarre, ritmiche scalcinate, chiasso generale e caos organizzato. La prima metà del disco è quella grosso modo classica: Velvet Underground, l'indie-rock americano più slacker degli anni '90 (vengono in mente gli Strapping Fieldhands), Jon Spencer Blues Explosion, Sonic Youth, addirittura i Doors.
Nella seconda metà i ritmi si allentano, si allentano anche i cordoni di tenuta ed il suono si slabbra, compaiono delle tastiere astruse; è la controparte sperimentale degli Inutili. E' chiaro che non sono degli innovatori, ma alla fine guadagnano un loro stile che va oltre la miriade di influenze.
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