Il re del solipsismo americano, della secretazione di qualsiasi info. Un personaggio come Sterling Smith ai giorni nostri non sarebbe mai potuto nascere, eppure il suo metodo di lavoro è stato attuale più che mai: autoproduzione assoluta, dischi come se piovesse (82 in 38 anni), menefreghismo totale di quale epoca sia la corrente.
Cantautore fuori da qualsiasi contesto, antitesi della tecnica e della fedeltà, Smith, soprattutto nei primi 10 anni di carriera, faceva un folk lunare, ubriaco, grezzo e finanche repulsivo. Chitarra acustica approssimativa se non scordata, voce che più che un canto era un recitato ad alto tasso alcoolico, seppur dimesso. Non so quanto Blue Corpse sia rappresentativo della produzione delle industrie Corwood (il nome scelto per la sua fantomatica etichetta discografica), quel che è certo è che la sua umile condizione lo rende un piccolo gioiello di outsiderismo abbastanza vicino agli standard. Al primo ascolto mi aveva fatto addormentare, al secondo mi aveva fatto drizzare le orecchie, al terzo ne ho capito il valore, le ossessioni e l'intensità. A modo suo, un'implosione dell'anima.
Nessun commento:
Posta un commento