Frutto di alcune jams in casa Ulver nel 2008 ma pubblicato solo 6 anni dopo, Terrestrials è quel che si dice un prodotto della pura e semplice vanità. Lo scrivo senza malizia: due bands moderne di calibro mondiale che si incontrano, si stimano, condividono addirittura un componente (indovina chi, l'onnipresente O'Sullivan), era inevitabile che finissero per fare un disco insieme. Che poi sia stato snobbato pressochè da tutta la critica, è poco rilevante.
Anzi. In casa Sunn O))), queste potrebbero esser state prove propedeutiche alla realizzazione del loro capolavoro arty Monoliths and dimensions, che sancì una (momentanea e brillante) tregua dal drone-metal. Lo sostengono Let there be more light e Western Horn, monoliti possenti che attenuano l'impatto delle chitarre a favore di suoni stratificati, espansi (la tromba onnipresente a solcare), grevi come consueto ma che disegnano panorami sconfinati. Scandinavi, direi.
Dopo esser stati più o meno a guardare, gli Ulver si prendono la loro fetta con la splendida Eternal Return, 14 minuti spezzati in due fasi; la prima ribollente calderone per chitarre lancinanti, piano elettrico e violino, la seconda drammatica e passionale, con Rygg che fa capolino con la sua voce calda e chiude in bellezza un esperimento a mio avviso un po' sottovalutato.
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