Uno di quei personaggi non laterali, ma proprio spostati. Di una creatività debordante, forse derivata anche dal melting pot delle origini di questo artista nato in Francia, ma anche turco, ladino ed ebraico. In un intervista racconta che il mix di linguaggi a cui fu sottoposto negli anni della crescita lo portò a crearsene uno tutto suo, traslandolo successivamente sulle musiche che ha realizzato per suo puro piacere, e non per lavoro; a quello ci hanno pensato le sonorizzazioni per il teatro ed i balletti.
Tazartès' Transports è un disco delirante. Anzi, è dire poco. Un'informe ammasso di etnico-industrial-minimalistico, in cui arie medio-orientali vanno a cozzare rovinosamente su ritmi meccanici, su grezze spirali di oscillatori, su sui concretismi, su clangori secchi di rumore bianco. A complicare le cose, la grande enfasi riposta sulle voci, sia parlate che modulate in una gamma sterminata di timbri, tonalità ed umori.
In due parole; qualcosa di mai sentito prima.
In due parole; qualcosa di mai sentito prima.
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