domenica 3 dicembre 2017

Oxbow ‎– Thin Black Duke (2017)

Da più di qualche anno a questa parte, diciamo grosso modo ogni volta che Eugene Robinson se ne usciva con tutte le sue collaborazioni assortite, mi chiedevo quando mai sarebbero tornati gli Oxbow con un nuovo. Ogni volta pensavo, caspita, ormai sono 5, 6, 7, 8, 9 anni che è uscito il monumentale Narcotic Story ed i nostri cosa stanno combinando? Avevo fiducia, perchè i loro tempi sono lunghi, e con l'invecchiamento non possono che aumentare. Prima erano 5 anni fra un album e l'altro, ora sono diventati 10, perchè gli Oxbow sono un gruppo unico al mondo e centellinano l'output, rispettano i fans, non dilapidano il loro talento con pubblicazioni frettolose.
Thin black duke non fa la rivoluzione, diciamocelo, e neppure ce la aspettavamo. Di sicuro non la volevamo, perchè aspettavamo soltanto 8 varianti delle loro chirurgiche efferatezze, meno spigolose come in fase matura, ma incisive come il loro art-blues-core sa esserlo. Brillano gli inserti di piano, di archi e fiati che vengono disseminati ad abbellimento funzionale, a variegare. Mi stupisce la capacità modulare di Eugene quando decide di cantare in maniera convenzionale, forse per il contrasto col suo folle salmodiare. Da consegnare al best-of: Ecce Homo, A Gentleman's Gentleman, Letter of Note, Host. Ma sono sottigliezze. 
Solo i più grandi sono così parchi. Prossimo appuntamento, il 2027.

3 commenti:

  1. Mi pare ieri che compravi il vinile (bianco, doppio) di Serenade in Red unitamente a un album dei June of 44 che regalai subito dopo... Grandi.

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  2. Dopo gli Shellac sono stati una delle band che più hanno stravolto il mio "sentire musica"... Non mi hanno mai divertito come .. Diciamo i Jesus Lizard ma incorniciano alla grande dei blue mood da giornata dimmerda finalmente al termine.

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  3. Ma io devo essere sincero...li ho iniziati ad amare più avanti, dopo il 2000, e proprio perchè meno diretti di altri. Ma alla prova del tempo sono fra quelli che resistono di più, credo.

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