In ossequio alla triste morte di Chris Cornell, avvenuta a Maggio e che ancora oggi suona davvero insensata. Un uomo all'apparenza (che si sa, resta sempre tale) realizzato, avendo oltrepassato il mezzo secolo d'età, con tre figli, un passato illustre, un vivacchiamento negli ultimi 15-20 anni che comunque non doveva creargli problemi nel tirare avanti la carretta, mi verrebbe da pensare. Forse gli abusi hanno presentato un conto salatissimo.
Mi sento di tributare una band che ai tempi adorai con ardore, con quello che fu il loro vertice, che non ascolto da, non voglio esagerare, 18/19 anni. Come digitato da più di un'illustre tastiera, sottoscrivo che il bello di Superunknown fu una congiunzione di accessibilità, sottile ricerca, produzione al top e presa di possesso della scrittura da parte di Cornell, che straordinariamente ispirato firmò in solitaria almeno metà del lotto. Il capolavoro della maturità, un po' come Physical Graffiti o Sabotage, per citare indiscutibili padri putativi.
L'emozione che mi coglie alla ripresa di Superunknown (ma anche del sottovalutatissimo e terminale Down on the upside, inferiore di pochissimo) è superba, rabbrividente. Come accade ad altre entità coeve, fanno tornare in mente sensazioni ed ambientazioni legate ad un età felice, leggera ed inconsapevole. Fell on black days, Mailman, Head Down, Superunknown, 4th Of July, le stratosferiche Limo Wreck e Like Suicide, non sono mai andate via; sono rimaste lì, statuarie, a modo loro sempre attuali. Al termine di questo mio revival, potrò salutarle di nuovo, perchè la vita deve fare il suo corso.
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