Terzo (ed ultimo?) album degli art-rockers chicagoani, terzo rebus di complicata semplicità che lascia, in caso di scioglimento avvenuto dato che di loro non giungono notizie da 5 anni, con in bocca un mix di senso d'incompiuta e di entusiasmo per quanto realizzato. L'audace incrocio fra Radiohead e Pere Ubu che ha caratterizzato i loro due precedenti lavori sembrava averli condotti un po' ad un vicolo cieco, e forse questo personalissimo limbo li ha condannati a non trovare un pubblico adeguato, come a dire troppo pop per gli amanti dell'avant-rock e troppo complicati per gli indie-hipsters.
In ogni caso Piñata ha rilanciato la scommessa; il vocalismo melodico e schizzato, la chitarra sgraziata e sbilenca, l'impeto sconquassante della batteria, il collante onnipresente dei synth, e soprattutto le composizioni, che restano fondamentalmente pop nella costruzione ma adornate alla loro maniera. Peccato siano rimasti ignorati, avrebbero meritato di più.
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