martedì 13 febbraio 2018

White Birch ‎– Star Is Just A Sun (2002)

Non capisco davvero come sia riuscito a sfuggirmi questo stupefacente disco al tempo, evidentemente le segnalazioni non si sprecarono oppure era un periodo in cui avevo momentaneamente mollato con questo tipo di sonorità. White Birch, un nome un po' ingombrante per una band peraltro formatasi appena due anni dopo l'imponente capolavoro dei Codeine; un trio norvegese che, partito da un substrato art-indie-noise, con Star is just a sun implose come uno degli eredi più credibili non certo dei re dello slow-core (con cui condividevano di fatto soltanto il numero di bpm), ma io direi più degli ultimi Talk Talk e dei Bark Psychosis di Hex, ma con un suono ancor più rarefatto, con una voce fragile e tremolante ed arrangiamenti misurati, quasi sempre guidati da un pianoforte serafico. Alle evanescenze, alle indulgenze, al rumore dell'anima, i WB hanno aggiunto una dose massiccia di incontaminata melanconia scandinava (paragonabile a quella sprigionata dai finlandesi Tenhi); un disco ammaliante, non dico commovente ma in grado di sciogliere anche i ghiacci più irriducibili. Non a caso, ristampato ad appena 13 anni di distanza dalla stessa etichetta, l'inossidabile Glitterhouse. Non capita a tanti.

2 commenti:

  1. Gran bella segnalazione...e i Codeine era un gruppo straordinario.

    RispondiElimina
  2. Meritano veramente, ma non c'entrano niente coi mitici Codeine (sul quale non c'è niente da dire).

    RispondiElimina